La demolizione della Libia, ognuno vuole la sua autonomia
Lo sfaldamento è in atto e il territorio libico sempre più diviso. Nello scorso mese di agosto un' incursione nella base italiana di Tripoli da parte di alcuni banditi locali pose in evidenza la minaccia sempre più concreta di una escalation di violenza in Libia. Con il progressivo degradarsi della situazione ed il susseguirsi di scontri e di vittime tra civili e militari libici, il Consiglio Nazionale di Transizione (CNT) aveva chiesto in tempi precedenti all’Italia l’invio di un Team di Advisors per migliorare le capacità di organizzazione e condotta di operazioni militari nonché l’addestramento basico ed avanzato di personale con esperienza militare.
In tale contesto, nell’ambito del più ampio impegno italiano per la risoluzione della crisi libica, tra cui la partecipazione alla missione NATO “Unified Protector”, nel mese di aprile 2011 venne autorizzato l’invio in Libia di un Team di istruttori, con il quale si dava inizio all’Operazione “Cyrene”.
Oggi la situazione in Libia è alquanto grave. Le conseguenze geopolitiche che si paventavano sono stata rispettate. Oggi abbiamo un territorio diviso in tre. La Cirenaica sempre più autonoma e di matrice quaidista, poi la Tripolitania e infine le tribù del Fezzan. Ed è proprio quest’ultima regione a fare rivendicazioni indipendentiste in modo da attirare l’attenzione di tutto il mondo arabo in questi ultimi giorni.
Nel capoluogo di Sebha o (Sabha) una sorta di politica protezionistica delle proprie risorse naturali sta mettendo a dura prova il governo di Tripoli. Infatti proprio in questa regione si trova l’oro libico per eccellenza: il petrolio. Sarà questa l’arma per ricattare Tripoli da parte delle tribù del Fezzan. Un modello già visto che può trascinare il Paese in una nuova guerra civile forse mai terminata.