Da Ferrazzano parte il mio disprezzo per Isis e la germanizzazione dell’Europa
I temi erano quelli caldi dell’Europa, della guerra, della pace, concetti spesso inflazionati ma per questo non troppo lontani dalla mente dell’homo videns del nuovo secolo. Nella splendida cornice del castello Carafa, nel piccolo borgo alle porte di Campobasso, ho partecipato ad un dibattito con l’eurodeputata del Pd Simona Bonafé. Si è parlato di Isis e del Califfato tant’è che passeggiando per il budello in ciottolato, prima dell’uscita dal borgo, ripensavo alle immagini della tv irachena Al-Sˇarqiyya che durante l’ultimo conflitto in Iraq trasmetteva alcune soap-opera sull’amore al tempo dell’occupazione tra cui spiccava Õubb wa Õarb, (Amore e guerra). In un episodio di Õubb wa Õarb un contadino andava in città a vendere la parabola perché il figlio passava tutto il giorno a stordirsi con videoclip di musica pop irachena e araba. È allora che il vecchietto diceva qualcosa che suona molto come “si stava meglio quando si stava peggio”. Con la cattura di Saddam è la fine delle operazioni in Iraq la missione non era compiuta anzi era incompiuta. Nel periodo post-conflict ad un Paese vengono riversate quantità enormi di denaro e di aiuti. Questo enorme flusso di risorse dovrebbe promuovere la ricostruzione e la stabilità, ma in molti casi e per molto tempo funge soprattutto da attrattore d’ogni genere di crimine e forma terroristica. La minaccia non arriva solo da attori esterni ma anche da quelli interni che si organizzano approfittando della grande instabilità. Un esperto di guerre come il generale Fabio Mini diceva tempo fa che: “L’Iraq si era trasformato da luogo d’occupazione in luogo di liberazione ed infine a luogo di frustrazione”. Sull’onda dell’instabilità nasce Isis grazie alla sua guida Abu Bakr Al Baghdadi prima catturato e poi rilasciato dagli stessi americani. Oggi Isis minaccia l’Europa e parla di conquistare Roma. La repressione militare non basta. Il fenomeno è troppo complesso. Forme di democratizzazione imposte dall’esterno hanno generato reazioni ancora più rabbiose e alimentato la propaganda integralista, vedi tutte le coalizioni guidate dagli americani con al seguito l’Italia soprattutto in Afghanistan e Iraq. Abbiamo diversi milioni di musulmani oggi in Europa. Tra loro molti potenziali jihadisti, tutti giovani. La strategia complessiva del jihåd e dei califfati prevede anche la scelta estrema del martirio, una vera e propria arma non convenzionale nello scenario delle nuove guerre asimmetriche. Si tratta di una forma legittimata attraverso la manipolazione di interpretazioni giuridiche, deformando il concetto della morte gloriosa in battaglia, malgrado l’esplicita condanna coranica del suicidio. Cosa può fare l’Italia o meglio l’Europa? Premesso che l’Europa fino a qualche tempo fa era rappresentata dal vecchio nucleo carolingio Francia e Germania mentre oggi soprattutto dal Paese guidato dalla Merkel, c’è da dire che tutto passa per l’europeizzazione della Germania. Non è un caso che i vecchi satelliti sovietici che ora fanno parte della comunità europea quando la Germania è potente diventano suoi vassalli, quando invece è debole tornano ad essere vassalli della Russia. Uno dei nodi cruciali resta la politica estera europea per nulla affatto comune. Gli esempi storici vanno da quanto successo per l’indipendenza del Kosovo, alla questione dell’Ucraina fino al fenomeno immigratorio dove l’Italia singolarmente è protagonista sul salvataggio e accoglienza dei profughi ma non ancora con un potenziale ruolo diplomatico e precise politiche di intervento soprattutto sulla sponda mediterranea africana.