Guerra e Pace

Isis e il marketing del terrore in dieci punti

in Esteri

Il più importante scopo di Isis o comunque di qualsiasi gruppo terroristico è quello di farci vivere nel terrore. L’obiettivo è stato raggiunto. Si chiama marketing del terrore. Credo che Isis preso singolarmente non possa vincere questa sottospecie di guerra ma noi italiani ed europei possiamo perderla. Ecco dieci punti che sintetizzano la minaccia terroristica con la psicosi che viviamo.

  • Un’azione terroristica prima ancora di contare il numero delle vittime ha bisogno di un forte risvolto a livello mediatico.
  • Una caratteristica del terrorismo è quella di sfruttare e alimentare le paure dell’avversario. Il mondo occidentale, paradossalmente a causa del proprio benessere, dell’ideologia capitalista e della percezione del proprio ruolo dominante, vive di paure.
  • Le paure stanno diventando il supporto alle ideologie occidentali mentre l’Isis tende al contrasto e alla destabilizzazione sfruttando le paure del sistema stesso e utilizzandone i mezzi, tra i quali, prima di tutto, le risorse della guerra dell’informazione e le tecnologie.
  • Il cambiamento delle motivazioni dei terroristi ha anche contribuito al cambiamento del modo in cui alcuni gruppi terroristi internazionali sono strutturati. Siccome i gruppi basati su motivazioni religiose o ideologiche possono mancare di specifici programmi politici o nazionalistici, essi hanno meno bisogno di strutture gerarchiche. Piuttosto essi possono far affidamento su affiliazioni lasche con gruppi di medesima mentalità presenti in una varietà di nazioni per sostenere la causa comune.
  • Alcuni, compresi gli europei, si sono rivolti al terrorismo espresso da Isis o altri gruppi per varie ragioni: convinzioni politiche, ideologiche e religiose. Altri sono semplicemente criminali, altri diventano terroristi perché si ritengono oppressi o sottoposti a limitazioni economiche. Una intelligente politica estera deve tenere conto delle ragioni di chi si rivolge al terrore e cercare di rimuoverle.
  • Combattere il terrorismo non dovrebbe essere il pretesto per discriminazioni, la minaccia non è l’Islam.
  • La sorpresa è un fatto fondamentale dell’azione terroristica e si basa sulla segretezza dei preparativi e sull’incapacità da parte degli organi d’intelligence di cogliere in tempo e valutare adeguatamente i segnali di pericolo. Se quindi la sorpresa in campo tattico è comprensibile, quella in campo strategico è invece il risultato di deficienze e superficialità imputabili alle strutture e a precise responsabilità manageriali e politiche.
  • Nel caso del terrorismo di matrice islamica si è passati da un jihad difensivo ad un jihad offensivo che mira a colpire il nemico nel proprio territorio.
  • La nuova guerra quella asimmetrica che non deve farci cadere nello scivolone di una guerra santa, di una crociata tra il bene e il male.
  • Negli anni il terrorismo è stato sottovalutato, razionalizzato e fagocitato dal sistema occidentale che in molti casi lo ha anche usato e forse lo usa ancora oggi per destabilizzare determinate aree geografiche per  delle finalità non più tanto subdole.

 

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