Cuba tra bisogno di normalità e rum
Il regime di Castro ha divorato l’isola nel tempo. Cuba sta facendo i conti con la prigionia del mito cui l’ha costretta una rivoluzione. I cubani meritano la normalità purché siano loro a costruirsela. Soltanto dopo la morte di Fidel si saprà il destino dell’isola caraibica: se continuerà il castrismo con un nuovo leader o piuttosto ci si avvierà verso una guerra civile. Di tanto in tanto i media pubblicano la notizia della presunta morte di Fidel (l’ultima due mesi fa) ma ad oggi non c’è ancora nulla di ufficiale. Ma la storia di Cuba negli ultimi cento anni è legata anche allo sviluppo della storia del rum. Una sera nel 1898 un ufficiale yankee, entrando in un bar a ordinare il liquore locale, ebbe l’idea prima di mescolarvi una bevanda da poco inventata in quel di Atlanta e chiamata Coca-Cola, poi di offrire la miscela ai presenti. “¡Cuba libre!”, gridò in segno di approvazione un ex soldato dell’esercito indipendentista cubano, che aveva combattuto coi gringos contro i gallegos. Nacque così il più famoso dei cocktail. Un giornalista, brillante firma italiana, come Maurizio Stefanini conosce bene la geopolitica cubana e la sua storia tanto da ricordare quando il regime castrista, con una operazione di riscrittura del passato, cercò di far passare la leggenda che il Cuba Libre fosse stato inventato e imposto alla moda dai barbudos di Fidel nei pochissimi mesi passati tra la fuga di Batista e quella rottura con gli Usa che allontanò dall’isola la Coca-Cola. Tra l’invenzione del Cuba Libre e i cocktail preferiti di Hemingway, come il Mojito, c’è poi cronologicamente la “via del rum”: la rotta degli scafisti che durante il proibizionismo trasportarono di contrabbando il rum negli Stati Uniti. La storia della grande industria del rum a Cuba è fondamentalmente la storia di Fernando Bacardí: un catalano arrivato nell’isola nel 1830 a soli 14 anni, e che iniziò a occuparsi del distillato di melassa quasi come passatempo. Costituita formalmente la società nel 1864, già nel 1898 il Bacardi era diventato a tal punto il rum cubano per antonomasia, che proprio con una sua bottiglia fu inventato il Cuba Libre. Il cocktail cubano più antico, d’altronde, si chiama proprio Bacardi: due terzi di rum Bacardí, un terzo di succo di limone e una goccia di granatina. Il ruolo di rum cubano per antonomasia è oggi però passato a Havana Club, che può sfruttare come materia prima le impareggiabili canne da zucchero dell’isola, anche se gli intenditori sostengono che il know-how della Bacardí è migliore. Un vero e proprio duello commerciale ma nel tempo anche politico e culturale che li ha visti darsi battagli anche nelle aule giudiziarie. Il punto di vista della Bacardí è esposto nel libro “El exilio indomable. Historia de la disidencia cubana en el destierro”, mentre quello di Havana Club è invece sintetizzato nel pamphlet “Ron Bacardí: la guerra oculta” del giornalista colombiano Hernando Calvo Ospina, Quest’ultimo accusa dettagliatamente la Bacardí di aver finanziato e progettato varie azioni terroriste contro il governo castrista. Ma soprattutto furono gli avvocati della Bacardí a redigere materialmente le normative di embargo al regime di Fidel. Una guerra infinita conclusasi con la “pace” di natura giuridica sancita dalla Corte Suprema americana nel 2012.