Mediterraneo: l’Italia si riprenda il giardino di casa se vuole conquistare altri mercati
I morti nel Mediterraneo nel 2015 sono ormai ben oltre 500, un numero trenta volte più alto rispetto allo stesso periodo del 2014. Il Pd in merito allo scenario del Mediterraneo propone l’istituzione di una giornata della memoria per le vittime degli sbarchi. Alessandro Di Battista, deputato M5S, non ci sta. Il grillino è scatenato in aula protesta contro l’iniziativa della giornata di memoria per i migranti. Una adozione che il parlamentare 5 Stelle definisce ipocrita. Perché il Mediterraneo è diventato oggetto di una retorica sterile e non di una politica estera che si fondi sulla geopolitica italiana nel Mare Nostrum visto che è sempre possibile avere una chance? La politica estera italiana nonostante la staffetta dei ministri rende sempre meno. E’ ormai tempo che l’abbraccio tra il Mediterraneo e il nostro paese torni a occupare lo spazio centrale nell’agenda politica italiana. È un’illusione ritenere di poter vincere le sfide globali scommettendo sul mercato come quello americano o asiatico se non si è prima mostrato al mondo di essere capaci di assicurarsi saldamente la partita in corso nel Mediterraneo. Nessuno dei paesi che navigano ambiziosamente nel mare della globalizzazione ha infatti rinunciato ad affermarsi nel proprio giardino prima di inerpicarsi sulle piste dei mercati internazionali che accompagnano e fanno da cornice all’autoritaria globalità contemporanea. L’Italia deve assumere un ruolo guida per una duplice rinascita: quella di un mare, il Mediterraneo, e quella di un paese, il nostro. Troppi anni sono trascorsi da quel lontano processo di Barcellona (partenariato euromediterraneo) che doveva sconvolgere in positivo il Mediterraneo. Le costanti positive che andavano nella via di un regional-bloc building, come per esempio l’incremento degli standard di vita, l’innalzamento della ricchezza media, l’incedere di una stagione di riforme strutturali e il balzo in avanti degli investimenti e dei capitali internazionali, ci hanno riconsegnato invece un profilo del Mediterraneo alquanto diverso. Le coste meridionali del Mare Nostrum restano ancora marginali rispetto ai flussi e alle ricchezze, non soltanto quelle dei capitali ma anche delle idee, che invece corrono con la globalizzazione. Riscrivere l’agenda del paese seguendo questo percorso richiede alcuni passaggi fondamentali. Determinante è riuscire a transitare dalla visione attuale di un orizzonte mediterraneo vissuto come area cupa e marginale, a quella più realistica che lo traduce come spazio e luogo di occasioni. È proprio su tale terreno che l’Italia deve tornare a misurarsi, al fine di riorientare obiettivi e strumenti partenariali, adeguandoli agli interessi degli Stati partner e, naturalmente, del nostro paese. Al culmine di questo nuovo tragitto, l’Europa dovrebbe poter riflettere la sua immagine comunitaria su un mare che, al medesimo tempo, ospita e raccoglie il profilo egualmente armonico dei paesi della sponda meridionale. A questo punto, il Mediterraneo allargato e rinvigorito potrebbe volgere il suo orizzonte ancora più a sud, puntando a raccogliere intorno a sé un mercato che scende da Helsinki fino a Dubai, transitando per Roma.