Dall’emergenza nel Mediterraneo alla crisi coreana, il punto di vista dell’ammiraglio De Giorgi
Il mondo vive con il fiato sospeso per i venti di guerra e le ripetute minacce di battaglia nucleare tra Corea del Nord e Stati Uniti. In una intervista l'ammiraglio Giuseppe De Giorgi, capo di stato maggiore della Marina dal 2013 al 2016, traccia il quadro della situazione.
C’è oggi chi rimpiange l’operazione Mare Nostrum, un’operazione nata per dare risposta concreta al dramma del Mediterraneo. Successivamente cosa è successo e perché è stata cancellata nonostante l’emergenza non sia mai terminata?
Mare Nostrum fu la risposta ad un’emergenza umanitaria senza precedenti. Quello che molti non ricordano è che a bordo delle nostre navi operavano la polizia di Stato che provvedeva all’identificazione dei migranti e il personale medico per assicurare il filtro sanitario prima dello sbarco. Un’operazione ad ampio spettro, non solo umanitaria, basata sul coordinamento inter-agenzia e interforze della Marina Militare che, oltre a ridurre enormemente il numero di morti in mare, ha consentito l’arresto di quasi 400 trafficanti di esseri umani. La crescente paura dello straniero nell’opinione pubblica e di parte della Politica che accusava Mare Nostrum di essere un “pull factor” (i fatti hanno dimostrato il contrario), il mancato sostegno dell’Europa, a favore di Frontex, la comparsa delll’Isis in Libia, ne hanno segnato il destino. Mare Nostrum è stata quindi sostituita da Mare Sicuro (ancora in corso), orientata prioritariamente alla sicurezza marittima. Le navi hanno naturalmente continuato a fare soccorsi, unitamente ai mercantili, ma il numero di migranti giunti in Italia è aumentato sensibilmente così come purtroppo i morti in mare. Recentemente si sono moltiplicate le navi delle ONG e la situazione, soprattutto in termini di contrasto dei trafficanti di esseri umani, si è decisamente complicata.
Gli effetti della primavera araba che scenario ci hanno consegnato? Com’è cambiato il Mediterraneo alla luce dell’instabilità dei Paesi che condividono con altri Stati la presenza nel proprio territorio del terrorismo e della criminalità?
La primavera araba non ha portato, come molti hanno pensato, all’affermazione della democrazia negli stati del Nord Africa e del Medio Oriente. E’ accaduto il contrario. Il fuoco del fondamentalismo islamico è divampato, alimentando forze centrifughe da oriente a occidente. Ecco perché è urgente che l’Europa riveda la strategia verso il Mediterraneo, a cominciare dal sostegno al cosiddetto “migration compact”, promosso dall’Italia e nella stabilizzazione della Libia. Noi possiamo, anzi dobbiamo, prendere l’iniziativa e giocare un ruolo attivo in Libia, contribuendo in maniera significativa alla sicurezza del Mediterraneo. L’Europa seguirà, ma dobbiamo essere consapevoli che nessuno toglierà le nostre castagne dal fuoco.
Come giudica la politica di Trump nei confronti del regime di Pyongyang? Il New York Times ha raccontato che l’equivoco della portaerei Vinson è nato per colpa di problemi di comunicazione fra le varie istituzioni che si occupano della difesa. Trump sta quindi bluffando oppure l’hard power del presidente americano è pronto a mettere alle corde il regime nord coreano affinché possa smantellare il suo programma di armi nucleari e di missili balistici?
La combinazione di sanzioni e di sussidi alla Corea del Nord che ha caratterizzato la politica Usa nei suoi confronti dal 1994 in poi non ha raggiunto gli scopi desiderati, ovvero l’apertura del regime al mondo occidentale e soprattutto la rinuncia alla corsa al nucleare militare. La dislocazione delle portaerei e la manifestazione della presenza dei sottomarini nucleari Usa in zona costituisce un segnale non solo per la Corea, ma anche per la Cina, di un cambio di rotta nella politica americana nell’area. Intendiamoci, la pressione Usa per essere efficace, al netto di una eventuale opzione militare (oggi poco verosimile a meno di una manifesta provocazione Nord Coreana che consenta alla Cina di non reagire a sua volta), dovrà utilizzare maggiormente anche le carte del blocco degli assetti finanziari in dollari, posseduti dalla Corea del Nord nel mondo occidentale e dell’interruzione del costante flusso di aiuti dalla Corea del Sud. Un ruolo importante nel rallentamento della corsa al nucleare continuerà a giocarlo anche la cosiddetta cyberwarfare, probabilmente già in atto, anche alla luce dei recenti fallimenti nei test di lancio missilistici coreani.
In questo scenario geopolitico che ruolo hanno Russia e Cina sulla vicenda di Kim Jong-un e sul dispiegamento del THAAD in Corea del Sud?
Molti analisti sono convinti che la Cina risolverà la partita, forzando Kim Jong Un a fermarsi. La Cina è senz’altro parte della soluzione, ma è anche parte del problema, perché piuttosto che assistere alla riunificazione della Corea sotto Seul e avere gli americani ai suoi confini, sosterrà il dittatore coreano, anche accettando l’acquisizione da parte sua di una limitata capacità atomica. E’ quindi evidente come sia necessario trovare accordi e scelte che soddisfino in primo luogo le ambizioni/interessi cinesi, evitando il crollo del regime di Kim Jon Un, in modo che valga la pena per la Cina intervenire incisivamente sulla Corea del Nord. Le mosse Statunitensi, fra cui l’avvicinamento di uno o più gruppi portaerei, potrebbero aumentare in questo momento la forza della eventuale mediazione cinese nei confronti della Corea. La volontà Usa di installare nella Corea del Sud sistemi missilistici THAAD (terminal high altitude air defence) mira non solo a rassicurare la Corea del Sud e il Giappone circa la volontà Usa di proteggere gli alleati, ma vale anche come forma di pressione ulteriore sulla Cina, che ha sempre osteggiato l’inserimento in teatro di tali missili. Per la Russia la tensione in Oriente è un’opportunità per proporsi come alternativa alla Cina in chiave di contenimento Usa nell’area e ottenere, in cambio di una sua non interferenza, una maggiore libertà di manovra in Siria, nei confronti dell’Egitto, della Libia e più in generale in Mediterraneo.