Dalle protesi alle mascherine in 3D, la storia di William Amighetti
In questo clima emergenziale da Covi19 devo ringraziare la collega Noris Cretone per avermi fatto conoscere questa vicenda straordinaria. William Amighetti, 51 enne di Castione della Presolana, fisioterapista di campioni dello sport come Andrea Dovizioso, aveva già pronte le valigie per intraprendere un nuovo viaggio in Vietnam con tutto l’entusiasmo e il desiderio di aiutare i bambini dell’Est asiatico, mutilati e vittime di mine. Il 15 marzo tutto era pronto per la partenza. Nelle valige materiali e progetti per stampare in 3D protesi robotiche e la forza di chi nel 2016 si è lasciato alle spalle un tumore maligno e sa cosa è davvero importante…donare a chi soffre, a chi ha bisogno, a chi non ha risorse e non solo dall’altra parte del mondo ma ora anche in Italia dove a “mutilare” la sua amata Bergamo è stato un mostro chiamato Covid-19. William, fondatore dell’Associazione “Give Me A Hand", aveva tutto pronto ma il Coronavirus è riuscito a bloccare (per il momento) i sogni dei bambini che lo aspettavano con ansia. “Il bergamasco testardo” in attesa di riprendere in mano le valige, si spera per il prossimo ottobre, non si è perso d’animo e ha deciso di “curare” stavolta le ferite della sua amata terra. Con la determinazione che lo contraddistingue ha radunato un team di professionisti medici, progettisti ortopedici, esperti in moderazione 3D, stampatori ma prima di tutto un gruppo di amici che ha lavorato con lui giorno e notte. Una mascherina, con doppio filtro amovibile, progettata e successivamente stampata con la tecnica 3D, è stata la prima creazione partorita dal team. Il file del progetto è stato caricato sui portali open source in modo tale che chiunque fosse in possesso di una stampante 3D, potesse scaricarlo gratuitamente per autoprodursi della maschere FFP3 in casa. Oltre a fornire tutte le istruzioni, il team, provvede al reperimento del materiale e della cartucce per i filtri di ricambio. William ci tiene a sottolineare il fatto che sulle mascherine non hanno voluto monetizzare nulla. "Abbiamo rifiutato anche un contratto con un azienda farmaceutica che ci avrebbe permesso di guadagnare qualche soldino, ma inevitabilmente, avrebbe poi creato una produzione industriale del nostro prodotto, snaturando di fatto quello che era il nostro intento principale: aiutare le persone senza lucrare". La maschera infatti viene regalata agli operatori sanitari, alle forze dell'ordine e a tutti coloro che gravitano attorno alle strutture sanitarie e, ad onor del vero, va detto che è priva di marchio CE. “Attualmente” prosegue “non pensiamo di chiedere che vi sia il marchio CE perché la procedura burocratica e i costi della pratica sono folli. Il progetto è già stato scaricato da 190 stampatori in tutto il mondo che gratuitamente lo stanno replicando. Ottimo successo in Norvegia, in Francia (dove Euronews ci ha inserito nel loro telegiornale, uno dei più visti in Europa) e addirittura in Cina. Pazzesco, in Cina si è parlato di noi e direi piuttosto bene!.” William e il suo team non si sono fermati qui. Dopo aver costruito la maschera, si sono indirizzati sullo studio e realizzazione dei sistemi di ventilazione assistita correttamente detti C-Pap. Utilizzando una maschera da snorkeling si è proceduto alla realizzazione di un raccordo che permettesse al personale sanitario di collegare la maschera al respiratore. Il progetto di per se è buono, ma purtroppo anche in questo caso la burocrazia l'ha fatta da padrone. William aggiunge: “Capisco che il progetto non era correlato da dati scientifici, ma mi chiedo anche come li avremmo potuti ottenere in una situazione di emergenza come quella che il mondo intero sta vivendo. La maschera è stata utilizzata in tutta Italia e i vari reparti di rianimazione ne hanno riconosciuto l'efficacia tranne il ministero della Sanità. L'ospedale di Sarajevo intanto ne ha chieste 500 e chissà come mai a loro il progetto va benissimo, non chiedono certificazioni e non si soffermano sulla burocrazia, mentre qui da noi, con i disastri che dobbiamo affrontare ci troviamo anche a dover scrivere tonnellate di carte che poi non portano mai a nulla.” Altra grande realizzazione sono le valvole che servono per i sistemi di respirazione. Attualmente le stanno stampando e regalando all'ospedale di Pavia (policlinico San Matteo). La valvola è monouso e ogni paziente ne utilizza più di una, il ricambio pertanto è elevatissimo e la loro tempistica riesce a sopperire l'alta richiesta. Il gruppo di lavoro capitanato da William, insieme a un team americano, sta anche lavorando su una versione molto più leggera e priva di implicazioni che possono derivare dall'uso di materiale non progettato a fini sanitari. Attualmente stanno studiando anche una maschera che utilizza componenti già presenti nelle fasi di rianimazione respiratoria. Un grande problema che rischia però di rallentare questa stupenda iniziativa è il reperimento del materiale. Nonostante le difficoltà attualmente, su richiesta di alcuni medici dell'ospedale di Parma, il team ha progettato anche un saturimetro. William ha in cantiere anche la realizzazione di un rianimatore cardiaco portatile. “Pensavo di avere avuto una grande idea” precisa "ma io e il mio team abbiamo scoperto che un americano ha avuto la stessa idea. Gli riconosceremo la paternità ma il mio elaborato presenta delle modifiche decisamente interessanti. In Italia non esiste e appena pronto può decisamente essere inserito nell'elenco degli strumenti salvavita". William, nel luglio del 2017, scrisse sulla copia di un suo libro: “…non è tutto ciò che vediamo o che ci sembra di vedere, soltanto un sogno dentro al sogno? Io continuo a sognare.” Nelle scorse settimane abbiamo vissuto come confinati non in un sogno ma in un incubo, dal quale temevamo di non riuscire più a svegliarci. Oggi pian piano l’incubo sembra allontanarsi e se cesserà sarà anche grazie a persone come William che nonostante tutto hanno “continuato a sognare”, trasformando tra le quattro mura di casa, i sogni, i progetti in realtà, perché mai come oggi il mondo, il Vietnam, Bergamo e l’Italia tutta sono stati così vicini.