L’Italia salvata dai diplomatici
Esiste una politica estera del ministro Paolo Gentiloni e una degli ambasciatori italiani sparsi nel Mondo. Certo negli anni si sono succeduti diversi ministri degli Esteri ognuno con una sua politica e una sua linea programmatica. Basti pensare al contorto caso dei Marò. Emma Bonino in merito al caso dichiarò che: “Non è accertata la colpevolezza e non è accertata l’innocenza. I processi servono a questo”. Il predecessore della Bonino, l’ambasciatore Giulio Terzi, dimessosi contro gli errori del governo Monti, mise in chiaro: “Certo che ci vuole un processo, ma è legittimo solo se lo Stato ha giurisdizione. E l’India non ce l’ha”. Poi arrivò Renzi con la sua squadra di ministri. “Pensarci sempre e non parlarne mai” ha dichiarato l’attuale ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Il ruolo del ministro degli Esteri non è più cosi ambito visto che ripaga poco in termini elettorali. Negli anni si è prodotta una discrasia, da sempre lamentata, fra la politica estera ufficiale, presentata in termini generali dagli uomini politici, e la politica estera che i diplomatici sono chiamati a fare quotidianamente. Succede che i ministri degli Esteri hanno di fatto abbandonato la politica estera nelle mani dei diplomatici, i quali alla fine, attraverso le piccole cose di tutti i giorni, non si limitano a eseguire direttive politiche, bensì costruiscono una loro politica. Il diplomatico italiano all’estero gode così di una formidabile fortuna: non è oberato né appesantito dalle pastoie delle istruzioni del suo governo. Può liberamente, o quasi, inventarsi una sua politica nei confronti del paese in cui è chiamato a operare. Le cattive figure restano e inducono il diplomatico ad uno strano gioco delle parti: egli cerca di farsi considerare rappresentante di un’Italia che appaia diversa e presuntivamente migliore di quella espressa dai politici. Un ambasciatore di vecchia data come Luigi Vittorio Ferraris parla di “un’arte che la diplomazia italiana ha sviluppato ampiamente e con successi: il peso dell’Italia all’estero è maggiore di quanto la sua classe politica giustificherebbe; e ciò grazie ad una consumata arte di rappresentazione sino alla falsificazione - a fin di bene certo - della realtà, in cui noi diplomatici siamo diventati espertissimi”.