Guerra e Pace

Il Burundi sempre più isolato e in preda ad una dittatura

in Esteri

L’invettiva del presidente del Ruanda Paul Kagame ha fatto il giro del Mondo riponendo l’attenzione mediatica e del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulle recenti vicende in Burundi. Il piccolo Stato nel cuore dell’Africa, nella zona dei Grandi Laghi, dopo la rielezione di Pierre Nkurunziza per un terzo mandato sta vivendo momenti difficili. Per Kagame la situazione in Burundi è insostenibile con persone che vengono massacrate ogni giorno e un presidente che si nasconde da qualche parte. Le minacce di Kagame sono state interpretate da alcuni analisti come un accrescimento dello spettro della minaccia tutsi. Nel 1965, poi nel 1972, nel 1988 e nel 1993, ad ondate di stragi o omicidi mirati contro hutu o tutsi burundesi hanno spesso fatto eco tensioni politiche ruandesi. Ma queste crisi sono innanzitutto legate alle contraddizioni della politica interna del Burundi. Ciò non impedisce comunque delle influenze reciproche. Il problema sono anche delle parole usate dai vertici istituzionali burundesi che rischiano di cadere nella trappola dello scontro etnico. Ad esempio in merito al discorso del 29 ottobre di Révérien Ndikuriyo, Presidente del Senato burundese, vi è stata una vera e propria chiamata alla guerra civile, incitando la morte per gli avversari-oppositori, il saccheggio della proprietà e il controllo totalitario del paese. Nel frattempo la risposta a Kagame è arrivata da Willy Nyamitwe, consigliere per le comunicazioni del Presidente del Burundi che ha ritenuto scandaloso e indegno il messaggio di Kagame in quanto il Burundi non è il Ruanda e che si sta lavorando per un rafforzamento della Democrazia e per stabilire una pace. Il problema è la realtà attuale molto divergente dalle parole di Nyamitwe. A tutto ciò va aggiunto che Nkurunziza non è affatto d'accordo a negoziare con l'opposizione verso l’ipotesi di un governo di transizione per delle future e libere elezioni. Per questo motivo continua ad invocare l’utilizzo delle sue milizie per spegnere ogni tentativo di insurrezione. Così come non è preoccupato dalle migliaia di rifugiati comprese donne e bambini minacciati dalla milizia Imbonerakure. L’ultimo fatto di sangue qualche giorno fa in un bar alla periferia sud di Bujumbura dove nove persone sono state uccise. Una repressione severa corroborata da nefandezze quotidiane che non risparmiano nessun soggetto contrario al regime di Nkurunziza che da diverso tempo sta trasformando il Burundi in uno “Stato Terrorista” e “Stato Fallito”. Fallito anche sotto l’aspetto economico viste le sanzioni applicate dai paesi europei e il blocco di aiuti della comunità internazionale. Infine la stessa Unione Africa è finita nel mirino dei contestatori colpevole di aver condannato in modo blando la rielezione di Nkurunziza rispetto al pugno duro avuto in Burkina Faso in occasione del colpo di stato del generale Diendéré.

 

comments powered by Disqus