Non è un paese per bambini
Il semaforo intermittente di Damasco è parte del martirio in corso. Così come intermittenti sono i sentimenti di un ragazzino che attraversa quell’incrocio mentre i bombardamenti fanno da cornice. Chi non è nato qui, chi non vi ha trascorso la propria fanciullezza, non può comprendere ed amare fino in fondo questo posto, non può capire il piacere del giocare libero per quelle strade periferiche.
Le bande criminali sponsorizzate proseguono nella loro ostinazione a utilizzare forzatamente i minori come armati contro il governo siriano. “Quando arrivano qui sono dei bambini, nel momento in cui ci lasciano sono macchine per uccidere” ha dichiarato Abdel Razzaq, un militante che si occupa proprio dell’addestramento dei minori. Insegna loro a non avere paura della guerra. “I bambini sono i migliori soldati che conosco. Obbediscono ad ogni comando. I bambini non mettono in discussione nulla" ha aggiunto descrivendo il suo ultimo gruppo di venti volontari, di età compresa tra 14-18 anni.
Abdel Razzaq insegna a questi ragazzini come gestire un kalashnikov, disarmare il nemico e ucciderlo con un coltello o anche a mani nude.
Oggi è tutto diverso in quel maledetto incrocio di Damasco. Le persone scappano per non tornare più. Improvvisamente inizia a piovere. Tutti fuggono ma il ragazzino no. Al contrario, si distende sull’asfalto mentre la pioggia lo bagna: non c’è che acqua intorno a lui, ovunque! Eppure resta lì, lasciando che l’ acqua e le sue lacrime si confondono, provando per un istante ancora amore per quel luogo così martoriato mentre dal palazzo di Bruxelles allentano l’embargo.