Matteo Renzi parla alla Direzione del Pd

IL BAROMETRO del nuovo assetto della compagine di governo – che, con il «rimpastino» di ieri e ben 13 nomi nuovi, sale da 56 a 64 membri tra ministri, viceministri e sottosegretari – segnala che Renzi sta spostando la barra sempre più verso il centro e, a dirla tutta, pure verso destra. Non solo perché i voti di Ala (i verdiniani) sono sempre più strategici, al Senato, come si è visto nei voti sulle riforme e nel respingere la sfiducia al governo, ma anche perché, al governo, due partiti che – come dice con una battuta fulminante il bersaniano Miguel Gotor – «hanno più ministri che voti», Ncd e Scelta civica, sono oggettivamente collocabili a destra. Sia sul piano delle scelte economiche, più liberali che liberal, che cultural-politiche. Sul tema clou, in questa fase, della famiglia e delle unioni civili, per dire, c’è un vero rivolgimento a favore dell’area «cattolica», moderata e centrista, Ncd in testa, cui va la strategica delega alla Famiglia per il neo-ministro alfaniano Enrico Costa guarda caso alla vigilia del Family day.

IL SOTTOSEGRETARIO alle Riforme, e gay dichiarato, Ivan Scalfarotto, subisce il classico promoveatur ut amoveatur: diventa oggi sottosegretario (e presto, domani, forse viceministro) allo Sviluppo economico, al posto di Carlo Calenda, nominato ambasciatore italiano alla Ue, la cui nomina sarà formalizzata a marzo, ecco perché Scalfarotto non è già, subito, viceministro. Ma soprattutto la Famiglia va a Ncd. Non a caso gli alfaniani esultano e sottolineano la notizia. L’Ncd, infatti, che già contava due ministeri di peso (Interni e Salute) e una manciata di sottosegretari, ne guadagna un altro, di ministero, gli Affari Regionali, per il giovane quarantenne  e brillante avvocato torinese Enrico Costa (figlio d’arte dell’ex esponente liberale piemontese, a sua volta ministro, Raffaele Costa), fino a ieri sottosegretario alla Giustizia. Ma il ministero agli Affari regionali, che pareva di poco conto e nessun rango, ai tempi della povera Maria Carmela Lanzetta (che si dimise quasi subito per andare a fare l’assessore nella giunta regionale calabrese e, poi, si dimise anche da lì e oggi è tornata a fare la farmacista al suo paese), acquisisce, appunto, una delega strategica (la Famiglia) ed entra anche nella (decisiva) cabina di regia dei fondi per il Sud. Insomma, diventa ministero ‘con portafoglio’, e pure pesante. Costa, peraltro, giurerà solo oggi, nelle mani del Capo dello Stato, essendo l’unico neo ministro promosso.
Non contento della perdita, assai rimpianta, del ministero delle Infrastrutture, strappato all’attuale capogruppo alla Camera, il ciellino Maurizio Lupi, per l’infausta storia dei Rolex regalati al figlio, l’Ncd incassa altri tre, importanti, posti di sottogoverno. Il calabrese Antonio Gentile torna al governo, ma non dov’era, le Infrastrutture, posto da cui se n’era andato per una storiaccia che aveva riguardato il figlio indagato e le relative pressioni (sue) sul giornale L’Ora di Calabria, ma allo Sviluppo economico, dove potrebbe essere persino promosso viceministro se vincerà la sfida con il povero Scalfarotto, anche perché minacciava di andarsene armi e bagagli (lui e gli altri tre senatori calabresi di Ncd a lui legati) con il gruppo di Verdini. La senatrice Federica Chiavaroli – assai stimata da Renzi – diventa sottosegretaria alla Giustizia e la deputata Dorina Bianchi (campione dei transfughi: è passata, in pochi anni, dal Ccd e dall’Udc di Casini alla Margherita e poi al Pd, dove la fa la teodem, viene subissata di critiche, lascia, per poi ritornare direttamente nel Pdl di Berlusconi e, quando c’è la scissione dell’Ncd, andarsene con Alfano, dove – per ora – ancora sta e in predicato di diventare, a sua  volta, ministro, postazione persa nel rush finale con Costa nonostante lo scoperto appoggio della ministra Boschi), diventa sottosegretario alla Cultura (posto lasciato vacante dalle dimissioni della Barracciu) mentre Simona Vicari, causa l’arrivo di Gentile, si limita soltanto a traslocare, dallo Sviluppo economico ai Trasporti.

Per un altro partito che, pur presente in Parlamento (23 deputati, zero senatori), quasi non esiste in natura, Scelta civica, arrivano la promozione a viceministro all’Economia per Enrico Zanetti, che di Scelta civica è pure segretario, e la nomina del carneade napoletano, Antimo Cesaro, premiato con un posto da sottosegretario alla Cultura. Per dire, i Popolari-Demos di Lorenzo Dellai, che in fondo contano su ben 13 deputati e tre senatori, si devono accontentare della promozione di Mario Giro a viceministro agli Esteri, dove era già sottosegretario, ma con delega alla Cooperazione.

Anche nel partito cardine della maggioranza e del governo, il Pd, tocca fare le nozze coi fichi secchi. Teresa Bellanova, ex sindacalista della Cgil e assai stimata da Renzi, da dov’era (sottosegretaria al Welfare) va ad occuparsi delle crisi aziendali più scottanti, al Mise (Sviluppo economico), poltrona «calda» lasciata libera da Claudio De Vincenti, traslocato dalle Infrastrutture a sottosegretario a palazzo Chigi quando Graziano Delrio è diventato ministro. Enzo Amendola, area «Sinistra e cambiamento», che fa capo al ministro Martina, diventa sottosegretario agli Esteri (ma non viceministro, come pure sembrava e sperava). Area riformista (la sinistra interna dei più duri e puri) non ottiene nulla, come però già si sapeva, una volta sfumato il ritorno del bersaniano Vasco Errani al governo causa rottura dei rapporti interni tra minoranza dem e maggioranza renziana. E la nomina di Gennaro Migliore (ex capogruppo Sel alla Camera) alla Giustizia è un «premio» a un ex che, oggi, si può definire un renziano ultra-doc. Insomma, poco o nulla c’è sia per i renziani che per altre componenti. Anche la nomina di Tommaso Nannicini, già consulente di palazzo Chigi, a sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ad hoc per i “nuovi lavori”, non si può considerare una casella in più per il Pd, dato che Nannicini, pur figlio di un parlamentare ex Ds, è un tecnico di area dem e di tendenza liberal.
Da rilevare, infine, che, nonostante le voci che ne volevano uno spostamento agli Esteri pari a un ridimensionamento di fatto, il sottosegretario Gozi resta dov’è: i suoi, del resto, lo hanno sempre descritto «tranquillo e sereno, forte della fiducia di Renzi come della Ue».

NB: Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2015 a pagina 14 del Quotidiano Nazionale (http://www.quotidiano.net)