Una è incinta, punta la pistola e non esita ad entrare armata in un edificio dove c’è un sospetto, semmai evita, col pancione, di rincorrerlo; parla con la collega (in auto, nel bagno, durante le indagini) e col marito (mentre sono a letto, in cucina, al bowling con i bambini) dei problemi economici di famiglia, delle questione etiche del lavoro, dei figli; gira in abiti premaman e si prende le girate dal suo capo. L’altra è single, un po’ più ricca e un po’ più vamp, ma senza perdere la carica umana. Una è mora e tutt’altro che longilinea, l’altra è bionda e più belloccia ma non per questo mette in evidenza petto o curve con vestiti attillati: entrambe vestono i capi anni ’70-’80 del ‘quotidiano’, non modelli sartoriali d’alta moda. Lavorano in un distretto e, per questo, si occupano di casi di ogni genere, non solo dei crimini più efferati o truculenti. E’ il modello di poliziotte che ci veniva proposto in tv negli anni ’80 nella serie New york New York (Lacey&Cagney il titolo originale) e che ora Rai3 sta ritrasmettendo la domenica mattina. E’ un telefilm poliziesco antesignano, che ci ha mostrato un modello credibile in cui era possibile specchiarsi (le coeve Charlie’s angels, investigatrici private col capo invisibile che dava ordini per telefono, erano più un genere d’avventura, in stile 007), prima che arrivassero sul piccolo e grande schermo altre poliziotte, tutte giovani e belle, algide e perfette, single magrissime in giacca e pantaloni che non hanno mai un capello fuori posto, una casa, una vita. Non si tratta solo di una scelta degli autori di puntare sull’indagine, tralasciando il resto: anche nella serie Law&order, anch’essa risalente agli anni ’80, la vita privata non è contemplata ma i personaggi, uomini e donne, erano più imperfetti, più umani e credibili. Pensate alle poliziotte delle serie di questi ultimi anni come Castle, Csi, Criminal minds, Ncis, The mentalist, Senza Traccia, Women Murder’s club, Crossing Jordan, Cold case, Hawai Five-0, Numb3rs (a cui si aggiungono le ‘colleghe’ di varie squadre speciali), le quali, benché con sensibilità diverse, alla fine sono tutte imperturbabili, magre, mai un’occhiaia, un mal di reni, un abito sgualcito, del sonno arretrato, il bucato da fare e, come se non bastasse, hanno sempre ragione. Come gli uomini, prima di rincasare, passano dal bar per il brindisi tra colleghi perché la spesa, no, non la devono fare. Competono con gli uomini sul loro piano, le differenze di genere sono annullate.

A tanta noiosa perfezione si è posto il correttivo, di recente, creando personaggi, maschili e femminili, con vistose idiosincrasie: la protagonista di The Closer in tacchi a spillo e vestiti alla moda guida, grazie alla sua intelligenza, una squadra di investigatori ma, pur non essendo più giovanissima, non ha il coraggio di presentare il fidanzato, agente Fbi, al padre, mangia dolci di nascosto ed è maniaca del suo gatto (ogni tanto però la si vede ai fornelli o a tavola). La protagonista di Saving Grace è una dura dal cuore tenero che conduce una vita libertina e ha problemi con l’alcol finché si trova a tu per tu con un angelo (sotto forma, un po’ fastidiosa a dire il vero, di un uomo di una certa età) che si presenta di quando in quando a indicarle la retta via. Insomma, la normalità non è di casa.

Più di recente è approdata sul piccolo schermo la serie “The protector”: la poliziotta è sempre alta, magra e bionda ma le rughe cominciano a vedersi e la sua vita si svolge tra lavoro e famiglia: dopo il divorzio si trova ad occuparsi dei due figli piccoli e, avendo bisogno di aiuto, va a vivere col fratello, ex alcolista dalla vita tutt’altro che irreprensibile. L’auspicio è che si tratti di un segnale di ritorno alla realtà, a modelli più credibili che rendano possibile un’identificazione fino ad arrivare, perché no, ad essere d’ispirazione.