Egregio dott. De Carlo,

 

le scrivo in merito al suo articolo uscito oggi sul quotidiano La Nazione ” Haiti: Baby Doc Il dittatore impunito ”  per ringraziarla sull’attenzione che ha voluto richiamare su quel paese così in difficoltà e dimenticato da tutti.

 

Mi chiamo Costanza Caleri, fiorentina doc, impegnata in una Onlus denominata UNA SCUOLA PER HAITI, fondata da “5 amici al bar” tra cui mio padre.

 

Dopo il tragico sisma del gennaio 2010 ci siamo impegnati nella costruzione di una scuola a Gros Vaud – Ganthier, a 40 km. da Port au Prince che, ad oggi, conta 161 bambini di cui ci stiamo prendendo cura assicurandogli istruzione, cure, vaccinazioni e sostegno alimentare. La invito a visionare, se lo gradisce, il nostro sito www.unascuolaperhaiti.it 

 

Purtroppo i riflettori che si sono spenti, dopo “l’euforia” iniziale, hanno rilegato questo popolo senza coraggio di reagire, disperato, rassegnato e sfruttato a una situazione di incertezza e di abbandono incredibili, avallati anche dalla situazione politica che lei ha così ben rappresentato.

 

Per fortuna le associazioni di volontariato fanno molto,anche se non sarà mai abbastanza, e l’Italia è ben rappresentata da iniziative coraggiose come la nostra e come molte altre più importanti di noi.

I volontari della nostra onlus si contano sulle dita di due mani ( e avanza posto!) ma siamo animati dall’amore per questo progetto, per questi bambini e per il nostro “volontario ad Haiti” che ha sacrificato tutto e che non è più tornato per non lasciare i nostri amici haitiani.

 

Grazie ancora per il suo articolo…..chi oggi si troverà a leggerlo spero pensi a chi è decisamente più in difficoltà di noi.

 

Tanto le dovevo,

 

con i migliori saluti.

 

Costanza Caleri Pilli

 

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Gentile Signora grazie per la sua testimonianza.
Conosco abbastanza bene l’isola di Hispaniola. E la cosa che mi sorprese di più, durante i miei primi soggiorni,
fu la disparità di condizioni politiche, economiche sociali fra le due parti dell’isola,
quella di lingua spagnola e quella di lingua francese, quella abitata da una razza mista e quella 
abitata da una razza purissima.
Mi riferisco alla Repubblica Dominicana e ad Haiti. Da una parte c’è un Paese in via di sviluppo 
con una moneta solida, un’economia prospera, una classe media in  crescita. 
Dall’altra un Paese fermo al sottosviluppo. Da una parte c’è un reddito procapite di 10 mila dollari l’anno. 
Dall’altra parte di mille. 
Da una parte c’è una democrazia presidenziale che per quanto corrotta tuttavia assicura un ricambio al vertice 
ogni – massimo – due mandati. 
Dall’altra un regime autoritario la cui incompetenza e le cui ruberie sono sempre le stesse, 
anche dopo le disastrose dittature della famiglia Duvalier.
Si è mai chiesta se davvero gli aiuti internazionali sono davvero rimasti ad Haiti o non sono finiti 
in qualche comnpiacente banca svizzera?
E’ la stessa isola. Sembrano due mondi differenti. Haiti è uno scampolo di Africa trapiantato 
nel cuore del Caraibi. 
I colonizzatori francesi non si sono mischiati ai discendenti degli schiavi, 
come avvenuto dalla parte spagnola. 
Di qui la purezza genetica della razza haitiana con le conseguenze che vediamo.
Pensi al terremoto di due anni fa. Port au Prince è rimasta distrutta. A Santo Domingo, a meno 
di 300 chilometri di distanza, non è caduto nemmeno un  cornicione. 
Certo, la scossa è stata meno forte, ma non molto di meno.
Che vuol dire? Vuol dire che da una parte le costruzioni erano state realizzate secondo criteri di sicurezza 
e dall’altra parte no.
Personalmente ritengo che Haiti sia irrecuperabile. Ma spero tanto di sbagliarmi. 
E dunque le invio tutto il mio apprezzamento per gli sforzi suoi e della sua organizzazione.