Caro De Carlo,

che ne pensa dell’arroganza della Merkel? Ha letto quel che ha dichiarato e cioè che gli eurobonds lei non li accetterà nemmeno morta? A quale gioco, gioca? Non si accorge che così facendo finisce di demolire quel poco che è rimasto della costruzione europea?

Sono sbalordito: i tedeschi ci hanno dato la prima guerra mondiale, poi ci hanno dato la seconda guerra mondiale, poi ci hanno dato la guerra fredda, ora ci danno questa quarta guerra mondiale che non si combatte con le bombe ma con gli spread.

Gli effetti sono comunque analoghi. Milioni di persone diventano più poveri. E presto moriranno di fame nel vecchio continente. Altro che Paesi ricchi. Fra un poco sarà il Terzo mondo a fare collette contro la fame in Europa.

Cordialmente,

Giovanni Malacarne

 

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A mio parere sarebbe ora che i capi di Stato e di governo del resto d’Europa, compreso il nostro Sor Tentenna dalle idee tanto confuse quanto dannose, chiedessero alla Merkel di mostrare le carte, come si fa in una partita di poker quando c’è il sospetto che il giocatore stia barando.

La Merkel non vuole gli eurobonds, che consentirebbero di dare ai debiti sovrani una copertura collettiva. Non vuole la riforma della Bce e dunque non vuole che essa si possa comportare come qualsiasi banca centrale, compreso il potere di stampare moneta. Non vuole dare due anni di respiro alla Grecia, che – lo sanno anche i bambini – non riuscirà mai a onorare gli impegni presi nelle scadenze concordate. Non vuole aumentare la dotazione del fondo salva-Stati.

Lei me ne chiede il perché. Ebbene il perché va ricondotto alla consapevolezza di avere dietro di sé la maggioranza dell’opinione pubblica tedesca. E dato che la maggioranza ragiona come ci ha mostrato in un titolo recente la Bild Zeitung, vale a dire ritriene che ‘’tutti gli altri vogliono i nostri soldi’’, ecco che la Merkel se ne fa interprete. Fra un anno si vota e la signora, scelta a suo tempo da Helmut Kohl come sua delfina, vuole rivincere.

Ma la differenza fra Kohl e la donna che – ahinoi! – gli è succeduta è questa: Kohl era un uomo di visioni. Volle l’euro e volle che l’Italia vi entrasse, sapendo bene che non era pronta, perché intendeva ancorare saldamente la Germania riunificata all’occidente. Fece una scelta impopolare (i tedeschi erano contrari ad abbandonare il marco), ma Kohl andò avanti lo stesso. E alla fine perse le elezioni.

Cappello! Quel grande cancelliere giudicava l’Europa più importante degli interessi della Germania.

La Merkel al confronto non vede più in là del proprio naso. Ha certo ragione quando dice che senza costrizioni gli europei del sud non metteranno mai la testa a partito e non faranno i tagli indispensabili a risalire la china dei debiti. Ma non ha ragione quando in questa ostinazione non si accorge che i governi europei hanno già ridotto le loro popolazioni a limoni spremuti. Non c’è più una goccia di risparmi utilizzabile a fini di bilancio.

E allora – tornando alla metafora del poker – Monti e gli altri dovrebbero dire alla Merkel: non vuoi salvare l’euro? Benissimo, noi proporremo ai nostri parlamenti di uscire dalla moneta comune. Ognuno ritorni alle monete di un tempo. Con la presumibile conseguenza che la lira, la peseta, il franco ritornerebbero in circolazione con una svalutazione media di partenza fra il 20 e il 40 per cento, mentre il marco rientrerebbe in gioco con una rivalutazione di almeno il 20 per cento.

Il differenziale porrebbe il Made in Germany fuori dal mercato. E’ questo che vuole la Merkel?

Se è questo, ognuno vada avanti per conto suo. Ci rimetterà l’intera Europa, la Germania compresa.

La storia a volte può anche camminare all’indietro. E il solo Paese a guadagnarci, dopo averci già ridotto in braghe di tela, sarà ancora una volta la Cina. Questo è il problema dei problemi. Ma gli europei anziché fare fronte comune contro la minaccia mortale che viene dall’Asia, litigano fra di loro per un tozzo di pane.