Caro De Carlo,
da uomo di sport non posso non condannare Armstrong, ma il suo caso giustamente come lei scrive non puo prescindere dal ricordare quanti possono avere trovato forza ed esempio dalla incredibile volontà da lui dimostrata e da una “necessità “per competere ad armi pari in un ambiente dove dai tempi di Robic , Koblet e Pantani l’unica cosa che a mio parere è cambiata e’ lo sviluppo della tecnologia e della ricerca per superare i test antidoping .

Forse qualcuno dovrebbe cominciare a chiedersi perchè i signori dell’UCI ,grandi conoscitori del ciclismo, credano che pedalare per 200\250 km a 45\50 all’ora sia possibile farlo con solo un po di zucchero .

Con lo sport spettacolo, con gli sponsor che chiedono imprese sempre piu clamorose non possiamo stupirci che queste cose avvengano e continueranno ad avvenire e quindi, pur con le premesse fatte prima, condivido la sua opinione.
Piu che giudicare Armostrong ci si dovrebbe porre ben altre domande se il fine è quello di moralizzare un ambiente che a mio parere dello sport vero, come lo vedono i veri sportivi, ahime ha ormai ben poco se parliamo di sport professionistico.

Molto si è fatto nella medicina sportiva per scoprire chi fa uso di doping. Ma mi chiedo spesso se i dirigenti responsabili dello sport abbiano le fette di salame sugli occhi, quando applaudono o abbracciano alcuni dei loro atleti autori di prestazioni incredibili .
Che siano anche loro solo interessati alle loro poltrone ed ai soldi degli sponsor al punto da sacrificare la vita ,la salute e l’onore dei loro atleti?

E’ mai possibile che nessuno di loro non senta il dovere di dimissionare visto che hanno la responsabilità della loro federazione?
Che differenza c’e tra loro e un capo di un industria, un magistrato, un politico?
Forse mi sono fatto prendere troppo dalla mia passione ed amore per lo sport.

Cordialità
Mario Galletto, Milano

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Gentilissimo Cesare De Carlo,
se mi è permesso voglio sinceramente complimentarmi con lei per l’articolo di ieri sul caso Armstrong nel quale dice chiaro e tondo che chi si meraviglia è soltanto un ipocrita e che nel ciclismo il doping è più endemico che negli altri sport.
Al contrario quando scoppia un caso simile, in questo momento Armstrong , o si parla di doping in generale, tutti sembrano cadere dalle nuvole, gli stessi “addetti ai lavori” cercano di minimizzare, di dire che si tratta di casi isolati e ipocrisie di questo genere.

Come appassionato di ciclismo e modesto praticante, vorrei aggiungere anche alcune considerazioni.
Per molti anni in Italia e all’estero molti sapevano ma facevano finta di nulla, il doping era diffuso in quasi tutti gli sport di resistenza, si sospettavano gli atleti di oltre cortina, ma poi si è visto che più o meno in tutti i Paesi dove lo sport è importante e si “debbono vincere medaglie”, la pratica illecita era diffusa.

Il mio punto di vista non conterebbe nulla, ma c’è un signore molto più autorevole di me che ha già
scritto due libri (quasi messi all’indice) che spiega per filo e per segno tutto il sistema: Sandro Donati
che ha combattuto e stanato i dottori presso i quali andava il signor Armstrong e molti altri atleti italiani
e non solo, mentre le varie federazioni lo dileggiavano ed emarginavano.

Giustamente lei dice che è una questione di decenza non assegnare i titoli tolti al texano, perchè i secondi classificati non si comportavano diversamente, come fu uno scandalo fermare il povero Pantani perchè superava i 52 di ematocrito, mentre il secondo e il terzo… (in verità il pirata si avvicinava a sessanta e gli altri
stavano poco sotto, ma per non fermare tutto il baraccone si prese il pesce più grosso).

Quanti altri campioni (senza valore come li chiama Donati) dovrebbero fare pubblica confessione!

L’Italia purtroppo è un paese zeppo di conflitti di interese, non solo in politica: un giornale sportivo che organizza le principali corse ciclistiche come farà a dir male della gara stessa(!), federazioni che invece di controllare lasciano le provette negli uffici e via discorrendo, tutto ciò mi lascia perplesso sulla possibilità di migliorare il mondo dello sport, di venir fuori dalla pratica del doping che molti danni ha fatto e farà.

Sentire qualcuno che dice le cose come stanno mi ha fatto molto piacere.

Saluto e ringrazio per l’attenzione.
Renato Forconi,
San Ginesio (MC)

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E a me fa piacere raccogliere testimonianze come quelle suriportate.
Il doping esiste da quando esiste lo sport. Non come oggi ovviamente. Ma a mio parere era già doping – una volta, tanto tempo fa – prendere zucchero prima delle gare.

E allora? Che si fa? Lasciare che ognuno assuma le sostanze che vuole, nocive e no, perché tanto tutti fanno lo stesso?
So di scandalizzare i miei lettori. Ma io sarei per la massima libertà. I controlli non saranno mai abbastanza pervasivi da scoprire coloro che si dopano.
Basti pensare che Lance Armstrong si è sottoposto a 508 analisi, tutte risultate negative. Eppure le sue camere di albergo simigliavano ai reparti ospedalieri nei quali si pratica la dialisi.

Dunque ognuno faccia quello che vuole. Con la doverosa avvertenza da parte dei media e degli esperti che con certi medicinali è in gioco la salute. Se qualcuno preferisce l’alloro immediato a una vita lunga e serena, fatti suoi.

Del resto con l’alcool non è la stessa cosa? Chi vuol bere, beva. A condizione che non danneggi l’incolumità del prossimo.
E la stessa cosa – a mio parere – dovrebbe valere per le droghe. Chi si vuol drogare si droghi. La vada a comprare in farmacia. Sempre a condizione che non ci siano danni per il prossimo.

Vuoteremmo le carceri, finirebbe il narcotraffico, crollerebbe la criminalità, risparmieremmo centinaia di miliardi in un’interdizione che non ha mai arrestato il contrabbando ed è servita solo ad arricchire i signori della droga.
Insomma, ritengo che nulla sia più personale della salute.

So che molti non sono d’accordo. Vorrei sentire altri pareri.