Gentile signor De Carlo,
dopo l’imboscata dei franchi tiratori che hanno
umiliato la candidatura di Romano Prodi al Quirinale e portato Rosy Bindi e
Pierluigi Bersani alle dimissioni sembra che non sia stato nessuno di quelli che
avevano osannato per acclamazione il Professore per occupare la poltrona del
Quirinale a scrivere un altro nome sulla scheda da mettere nell’insalatiera dei
grandi elettori.

Sono stati i Renziani? Assolutamente no rispondono. 100 voti non sono una deriva di cani sciolti, né una piccola vendetta personale. Una
congiura con Bruto che uccide suo padre, come questa, richiede un cervello che la guidi, ma non ho dubbi che si potrà riconoscere sicuramente nel prossimo futuro la mente ispiratrice.

Di Prodi si può dire che non era certo un uomo
dell’innovazione e che sentirlo parlare mi ispira un’invincibile sonnolenza.
Se oggi si riuscirà ad eleggere il presidente della Repubblica nella persona di Stefano Rodotà, figura stimabile sostenuta da M5, sarà un punto a favore di tutto il Paese dove nessuno si diverte al misero spettacolo dello stillicidio interminabile in prove di forza personali di stile sovietico.
Me lo auguro insieme ad una svolta di maturità e responsabilità nella politica.
Cordiali saluti.
Luisella Rech

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Cara Signora anche io ritengo che non ci può non essere stata una regia dietro il parricidio di Bersani. Meritatissimo, d’altra parte.
Mai visto un leader così sprovveduto. Anzi nemmeno un leader, se per leader si intende uno che lead, cioè che conduce. Bersani non ha condotto assolutamente nulla. Ha perso elezioni vinte in partenza. Ha perso tempo. Si è fatto umiliare. Ha spaccato, ha frantumato il partito. Ha puntato sempre sui cavalli sbagliati.

E a proposito di cavalli, la cosa che mi ha sorpreso di più venerdì, giorno della grande trombatura del professore reggiano, è l’ondata di antipatia e di discredito che lo circonda. Ho ricevuto dozzine di e-mail con il titolo: no, questo no. Che è poi la scritta comparsa sulla maglietta di Alessandra Mussolini.

Dunque è meglio così. E’ meglio che Prodi, nel suo giusto risentimente per la mortificazione subita, rimanga fuori dalla politica italiana e continui a fare la spola fra Bologna e l’Africa subsahariana.