Beh, cari amici, buon anno, sempre che qualche sperduto viandante del web sia inciampato in questo decrepito e mal aggiornato bloggggg. Non vi farò classifiche del 2011, vi dico solo questo: durante le feste un po’  ho ruminato a  casa, ascoltato dischi. E se c’è un album che val la pena di comprare, è ‘An apointment with mister Yeats’, dei Waterboys. Roba rara, dovrete piluccare su Internet se proprio proprio ci tenete a impossessarvene legalmente. Perché mi piace? Diavolo, è un disco d’altri tempi, proprio come il sottoscritto, un tipo old style, come mi definisce l’unico amico rimasto. Mike Scott, padre padrone dei Waterboys, riparte da una sua antica passione: William Butler Yeats, un poeta che lassù in Irlanda è tenuto sul palmo della mano (vi siste fatti fotografare accanto alla sua statua a Dublino? Io no).  Già nel 1988 nell’immortale ‘Fisherman’s blues’ (che disco ragazzi), Mike musicò in maniera commovente ‘The stolen child’ del grande bardo celtico, con la voce recitante del  cantante gaelico  Tomas McKeown. Poi nel 1993 il bis, ‘con Love and death’ (bellissima!) nell’album ‘Dream harder’. A piccoli passi Mike è arrivato ad un disco completo, globale, tutto dedicato a Yeats: dentro c’è un po’ di rock, tanto folk, un flauto traverso commovente. Non è l’album perfetto, a volte sfarfalla un po’, ma in quest’epoca fracassona, è un disco che si ascolta volentieri, socchiudendo gli occhi e smarrendo lo sguardo lontano, sopra le nubi.