Lo so, ‘Don’t you forget about me’ è una canzoncina odiosa, da foruncoloso teenager di Mtv. Ma i Simple Minds, cari miei, sono stati ben altro, prima che Jim Kerr, sfiancato da rockeuse dagli umori balzani (oh Chrissie, oh  Patsy), si bevesse il cervello. Però quando ho letto da qualche parte che ciò che resta dei Simple Minds  si era imbarcato in un tour nostalgico  (5×5, 5 canzoni per ognuno dei primi 5 album) che più nostalgico non si può, beh, un brividino ha screziato la pelle del vostro ammuffito blogger. Perché la prima parte della vita della creatura di Jim Kerr non è stata mica male. Anzi. All’alba degli anni 80 la band simboleggiava la creatività assoluta. New Wave la chiamavamo. Loro erano giovani e scozzesi. Un primo disco bruttino, poi una crescita continua. ‘Empires and dance’, ‘Son of fascination’, ‘Sister feelings call’  e ‘New gold dream’. Musica non facile, le tastiere di Michael McNeil, essenziali, la chitarra del cicciotto Charles Burchill, e la voce, e il carisma, di Jim Kerr. Era un pop rock inizialmente ipnotico, a volte sperimentale (‘I travel’, ‘Celebrate’, ‘Wonderful in young life’, ‘Sweat in bullet’, ‘Love song’ e ‘The american’). L’inizio della fine arrivò paradossalmente col disco più amato, ‘New gold dream’. Un bel dischetto, vi dirò, la title track con quella voce gorgogliante, cavernosa (‘La, la la…’), il giro di basso di ‘Glittering prize’, ‘Promised you a miracle’, ‘Someone somewhere in summertime’, un pezzo melodicamente perfetto. Un dischetto niente male, dicevo, ma la purezza degli esordi stava svanendo  in nome della dea sterlina, che faceva rima con pezzi più commerciali. E di lì iniziò la discesa, ‘Sparkle in the rain’ era ancora illuminato da lampi di decenza (‘Waterfont’ e la cover di ‘Street hassle’ di Lou Reed). Poi più niente. Li vidi dal vivo due volte. La prima memorabile, a Reggio Emilia, anni 80, con tanti di quei dark che mi chiedevo cosa ci facevo lì, timido yuppie con la pelle flagellata dall’acne. La seconda a Bologna, ai tempi dell’album ‘Once upon a time’, tanta gente, un successone, ma oggi capisco che quel concerto non fu poi quel granché che pensai allora. Ma ancor adesso  metto su di tanto in tanto quei vecchi dischi. E un po’ di nostalgia mi viene.