E adesso tutti riscoprono che 40 anni fa qualcuno pubblicò un album non male, ‘Dark side of the moon’. Titolo intrigante, copertina pure. Erano i Pink Floyd, 40 anni fa. Potrei scrivere una mezza pagina dei record discografici di quel disco, ma per carità, non lo farò. Meglio che il vostro ammuffito blogger tenti di spiegare il perché quell’album divenne l’album dei Pink Floyd. Mettetelo su: nel piatto, nel lettore cd, nell’ipod, dove vi pare. Lo sentite il suono? E’ ancora contemporaneo. La freschezza, questo è il segreto del lato oscuro della luna. Sembra un disco registrato ieri, non uno di quei vinili incartapecoriti old style, simili a un vecchietto rugoso. I Pink Floyd utilizzarono per quell’album tecniche di registrazione sofisticate, grazie anche ad Alan Parsons, ricucirono 9 brani sfruttando un’enorme quantità di diavolerie elettroniche. ‘Dark side of the moon’ è una corsa infinita, un disco che si beve tutto d’un fiato. E’ l’ossessione di 4 musicisti alla ricerca della perfezione. E il disco è perfetto, anche troppo, tanto da suonare un po’ freddo.

 

E qui torniamo alla domanda del punto di partenza: perché questo disco ha venduto così tanto? Perché se oggi qualcuno deve fare un regalo e non sa che cd prendere, acciuffa dallo scaffale ‘Dark side of the moon’? Una delle risposte possibili è perché si tratta di un album un po’ commerciale, per questo è piaciuto a tutti. I precedenti dischi dei Pink non lo erano, nè nella fase di Syd Barrett, nè ‘Atom heart mother’  o ‘Meddle’. In ‘dark side of the moon’ invece spunta fuori quasi un brano dance, ‘Money’, un 45 giri, la dolcissima e orecchiabilissima ‘Us and them’, due pezzi rompighiaccio che addolcirono le sperimentazioni spigolose di ‘On the run’, ‘Brain damage’ e ‘Time’. Era il 1973, il progressive viaggiava verso il tramonto, le suite che avevano caratterizzato intere facciate di Yes, Genesis e gli stessi Pink Floyd stavano diventando fuori moda, Roger Waters lo aveva intuito preferendo diluire il concept in una suite frammentata, un po’ come fecero (con minor successo, eccome) i Genesis l’anno dopo con ‘The lamb lies down on broadway’.  I Pink furono bravi, astuti e anche fortunati. Fortunati? Sì, prendete ‘The great gig in the sky’, melodia favolosa del povero Rick Wright, qualcuno dice: prendiamo una che ci canti sopra? E allora arriva Clare Torry, le mettono davanti il microfono, fai quello che vuoi. Lei improvvisa, inventa. Il suo non è un canto, ma un orgasmo che vola nello spazio sulle note di Wright. Alla vocalist in affitto i 4 Pink mollarono 35 sterline. Lei anni dopo farà causa, chiedendo (e ottenendo) di essere riconosciuta come coautrice del brano, il che le assicurerà una serena vecchiaia. E anche questo è uno tanti colori della leggenda del lato oscuro della luna.