Beh, essendo amica (e in passato anche qualcosa di più…) di Peter Gabriel, come il re dei temporeggiatori ci ha pensato a lungo  prima di prendere una decisione. Molto a lungo: 34 anni. L’ultimo concerto di Kate Bush risale al 1979 (in soffitta penso di avere un videotape tarlato), poi basta: alla larga dal palcoscenico, dal pubblico. Questo fino a ieri, all’annuncio, assolutamente incredibile, di un ritorno davanti alle platee. A cantare. Dal vivo. Una quindicina di date da fine agosto a metà settembre a quello che una volta si chiamava Hammersmith Odeon, glorioso pezzo di storia a Londra. ‘Before the dawn’ si chiamerà il grande ritorno, prima dell’alba, anche se forse sarebbe stato più logico battezzarlo dopo la notte. La lunga notte. Perché Kate è sparita da secoli dai nostri radar.

 

Intendiamoci, fine anni settanta 80 e metà anni 90 l’inglesina è stata un mito assoluto. Io ne ero perdutamente infatuato.’Never for ever’, 1980, è un disco meraviglioso, c’è una poesia fra quei solchi degna della grande letteratura britannica: canzoni come ‘The infant kiss’, ‘Breathing’, ‘Babooshka’, la tristissima ‘Army dreamers’.  Poi ‘Hounds of love’, con quella caramella da scartare chiamata ‘Cloudbusting’ baciata da quel video commovente con Donald Sutherland, un successo enorme. Negli anni 90 succede qualcosa, nel 1993 esce ‘The red shoes’, non un granché a dir la verità. E Kate sparisce. Ma sparisce sul serio. Non se ne ha più notizia, ha un figlio piccolo da crescere, per la musica non c’è più posto. Fino al 2005 quando dopo una dozzina d’anni piove dal cielo un nuovo cd, ‘Aerial’: non è all’altezza dei lavori degli anni 80,ma è un buon segnale di risveglio, anche se l’accoglienza è tiepidina assai. Cosa volete, durante il letargo di Kate tutto è cambiato, un album come ‘Aerial’ suona demodè. Ma tant’è, bentornata vien da dire. Poi sei anni dopo, nel 2011, un altro disco a sorpresa, ’50 words for snow’, un po’ deludente. E adesso il ritorno dal vivo, a 56 anni. E vien da chiedersi: perché lo fa?   Kate abbozzò un unico tour nel 1979, poi stop, a 21 anni. Senza spiegarne il motivo. C’è chi parlò di paura del palcoscenico, come quella che paralizza ancor oggi Andy Patridge degli Xtc e che a lungo terrorizzò Fabrizio De Andrè, oppure chi vide la ragione nella morte di un giovane tecnico, Bill Duffield, precipitato fatalmente nel vuoto in quell’unico tour. Forse però il nocciolo dell’esilio è un altro: Kate era ed è una perfezionista. Pretende il controllo totale sul prodotto finale, il che ovviamente dal vivo non è possibile, sul palco i contrattempi sono sempre dietro l’angolo. E ora a 58 anni i contrattempi saranno ancora di più. E allora ripartiamo dall’inizio: perché questa sfida? Forse c’è un nuovo cd dietro l’angolo e Kate, dopo i flop commerciali del nuovo millennio, vuol provare a lanciarlo per bene, sapendo che un ritorno dal vivo dopo 34 anni è una notizia che i media non potranno ignorare. Ma ne vale la pena? A volte la gloria del passato, seppur antica e polverosa, è una luce di eterna bellezza. Comunque di fronte a chi si rimette in gioco a 58 non si può che restare ammaliati. E in attesa di agosto.