La morte di David Bowie  è una tragedia, perché in questo caso hai l’impressione di aver perso uno che qualcosa ancora poteva dare alla musica. Non ho ancora ascoltato l’ultimo cd. ‘The next day’, il precedente, invece non era male. Ora abbiamo capito i motivi del suo lungo silenzio: il Duca bianco lottava contro  il solito male sotterraneo, e ora fa quasi sorridere chi pochi mesi fa chiedeva al suo eterno fido Tony Visconti se l’avremmo rivisto in tour: ‘non credo’, replicava. Senza dire il perché. E ora si intuiscono anche tante altre cose,  e il senso che può avere una canzone intitolata ‘Lazarus’, inserita nell’ultimissimo disco Blackstar’,  facile adesso definirla una canzone-testamento.

 

E ora? Ora ci resta la sua musica, talmente tanta ed eterogenea da ubriacarsene. La prima parte della carriera, così glam, con l’apoteosi di Ziggy Stardust, un disco sublime. Ancor oggi va ascoltato per stupirsi di quanto si poteva essere moderni negli anni 70, ascoltate la canzone omonima: cos’è se non un’avanguardia del punk?, anni prima, perché lui era sempre un passo avanti, come testimonia la successiva fedele cover dei Bauhaus. Poteva rifare il verso a se stesso per sempre, come han fatto in tanti, invece Bowie ha cambiato  tutto: prima con un po’ di divertimento e con del sano rock and roll (‘Pin-ups’, ‘Diamond dogs’), poi immergendosi nella mania della discomusic (‘Young americans’, come fai a non ballare un pezzo così, anche se non hai mai ballato in via tua?) e infine nella sua scalata più ardita: la trilogia berliniana. Basterebbe ‘Heroes’ per tramandarne un ricordo eterno: esistono video di lui che la canta nel 1985, a Wembley a Live Aid, davanti a una folla adorante, o di una delicatissima versione acustica.  Ha influenzato tutto il mondo, tutti gli artisti gli devono qualcosa: ascoltate i Nirvana come riprendono la sua ‘The man who sold the world’ nel loro unplugged.  Cantò anche in italiano: ingenua e divertente la sua ‘Ragazzo solo ragazza sola’, versione nostrana di ‘Space oddity’ con testo di Mogol, leggerina la sua ‘Volare’ di Modugno, inserita nella soundtrack di ‘Absolute beginners’. E come nella musica saltava di ramo in ramo, si rivelò anche un buon attore: l’abbiamo visto, tra gli altri, in ‘Miriam si sveglia a Mezzanotte’,’Furyo’ e ‘L’uomo che cadde sulla terra’. Quando arrivarono gli anni 80, tutto era cambiato, eppure Bowie seppe riciclarsi bene, senza mai cadere in squallidi duetti da vecchio elefante al tramonto, con un pop elegante, raffinato, intrigante a volte disco a volte dandy. ‘Ashes to ashes’ è un brano pazzesco e anche ‘Let’s dance’ nel 1983 è un buon album, ruffiano il giusto. Certo, alcuni dischi non sono rivoluzionari, anzi, prendete ‘Tonight’: lì non scopre nulla di nuovo, ma è impossibile restare fermi al ritmo di ‘Blue Jean’.   Poi il tempo passa, il male cresce, i dischi si fanno sempre più rari. Una rivista pubblica un articolo intitolato ‘Che fine ha fatto David Bowie?’ con una tazzina del caffè vuota nel suo bar rifugio. Ora se n’è andato, ma come diceva De André: io dico che è meglio lasciarci che non esserci mai incontrati. E David adesso  saprà finalmente rispondere alla domanda che tanti anni fa si faceva: c’è vita su Marte?