Abitualmente sono contrario ai dischi postumi, sarà perché in tanti anni si è vista scorrere tanta spazzatura, brani inascoltabili, demo ripudiati, il tutto poi impacchettato in una confezione lussuosa per i soliti acquirenti citrulli. Stavolta però, per ‘You and I’ di Jeff Buckley, è diverso. Questo album è un documento: di quello che era  che è stato e che , ahimè, avrebbe potuto essere. Era la grande speranza del rock degli anni 90, Jeff. Il suo unico album, ‘Grace’, un capolavoro, poi l’uscita di scena prematura, da vera rockstar: un bagno notturno nel gigantesco Misissippi, gli stivali ai piedi, il fondo limaccioso, un rimorchiatore che gli passa vicino e il corpo del cantante dalla voce e dal volto d’angelo sommerso dai flutti.

Negli anni successivi sua madre ha pubblicato tutto quello che c’era da pubblicare, almeno così credevamo. Poi è arrivato questo ‘You and I’: antiche session  del 1993, chitarra e voce: null’altro. Ma quella voce, quella voce può tutto. Anche in brani già noti, come ‘Grace’, in cover come ‘Just like a woman’ di Bob Dylan. Dieci brani: otto cover (un paio degli Smith, pensate un po’, e una di Sly and the family stone)  e due brani originali. E’ un disco randagio: scarno, senza arrangiamenti, un disco dall’anima blues (in ‘Poor boy long way from home’ pare di ascoltare Big Bill Broonzy), ma da ascoltare assolutamente. E ascoltatelo come canta in ‘Night flight’ dei Led Zeppelin: mai sentito qualcuno cantare così. E se chiudi gli occhi, ti pare di vederlo con la sua chitarra, sull’ansa del fiume, a cantare alla luna