I SOLDI che puzzano. E il phon per asciugarli. Scene di vita quotidiana di (presunti) ’ndranghetisti alle prese coi problemi di tutti i giorni. Emerge anche questo nelle 1.200 pagine dell’ordinanza che ha spedito in carcere o agli arresti domiciliari quaranta persone, molte delle quali accusate di aver messo in piedi una banca clandestina in Lombardia.
SMENTENDO il proverbio secondo cui pecunia non olet, i soldi della ’ndrangheta a volte puzzano, e anche tanto. Accade di percerpirlo proprio con naso, quando Domenico Zema riceve un prestito di 87mila euro in contanti da Giuseppe Pensapene, ritenuto il capo dell’organizzazione criminale. Zema non è un uomo di primo pelo e anzi è il genero del potente responsabile della Locale di Desio. Deve chiudere in fretta una operazione immobiliare. Per contanti.
«LE BANCONOTE — scrive il giudice — puzzavano, tanto da costringere lo Zema a spruzzarle di profumo e a procurarsi un phon per poterle asciugare in quanto i soldi erano stati “conservati male”». Nel verbale di intercettazione Zema racconta, quasi divertito: «Li abbiamo salvati con il phon, erano tutti uno sopra all’altro». Erano tenuti tanto male che poco dopo è lo stesso Zema a dare consiglio al suo finanziatore, per il futuro: «Questi (i soldi, ndr) facevano ribrezzo, ma dove cazzo li tieni? Pino, tu li devi mettere sotto vuoto dentro un barattolo di vetro chiuso. Gli dà la protezione».