Non tutto è bene quel che finisce bene. L’assurda vicenda della creazione di una enorme discarica a Corcolle, a un tiro di schioppo da un sito Unesco come Villa Adriana, non dovrebbe passare nel dimenticatoio solo perchè per effetto dell’opposizione dei comitati di cittadini, delle associaioni ambientaiste e infine dei minstri Ornaghi e Clini il progetto è crollato sotto il peso delle sue stesse contraddizioni ed è stato archiviato per sempre.

La gravita del tentativo resta, non solo per il caso in se, ma perchè l’operazione è il frutto di un approcco sistemico profondamente errato nel quale la tutela del paesaggio e dei beni culturali è l’ultima delle preoccupazioni dei pianficatori.

La vicenda di Corclle dovrebbe servire di monito per il futuro, non solo per evitare che qualcuno possa pensare di fare discariche presso borghi medioevali, aree protette, tombe etrusche e simili ma per consigliare un approccio nel quale proprio la tutela del paesaggio e dei beni culturali sia uno dei punti nodali delo sviluppo prossimo venturo. A parole tutti (speculatori e abusivi a parte) sono d’accordo, ma non è più il tempo delle chiacchere: servono azioni concrete per dare un segno di inversione di tendenza.

E quindi?

E quindi cerchiamo di essere creativi. Sarebbe il caso che il governo proponesse una riforma del meccanismo dell’8 per mille, regolato dalla legge 222 del 1985: attualmente è possibile optare sia per alcune confessioni che per lo Stato, che però destina la sua quota i proventi ai fini più vari: dalla protezione civile alla conservazione dei beni culturali legati al culto cattolico e non fino alle carceri e alla fame nel mondo. Un patchwork di interventi, poco trasparente e che poco invogliano alla scelta, tanto è vero che il 22% di italiani che nel 1990 optava di destinare l’8 per mille allo Stato si è ridotto sotto il 12%.

Ma si tratta pur sempre _ redditi 2006 ripartiti nel 2010 _ di 151 milioni di euro. Perchè non usarli esclusivamente per il restauro e la conservazione dei beni culturali stilando ogni anno una “short list” di tre-cinque interventi da finanziare? La concentrazione in pochi progetti consentiebbe di avere la massa critica per azioni ambiziose e darebbe al contribuente la sicurezza che la sua scelta produce risultati verificabili: non piccoli interventi a pioggia ma il restauro _ poniamo _ di Pompei o degli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni.
Sono convinto che così facendo in molti sceglierebbero lo Stato: non sarebbe esagerato ipotizzare percentuali attorno al 25%.

Ma forse è anche per questo che non si troverà il coraggio di farlo.