Dall’inviato

Alessandro Farruggia

RIO DE JANEIRO _ “Oggettivamente, siamo in una fase difficile della trattativa”. Quando la notte cala su Rio de Janeiro il ministro dell’Ambiente Corrado Clini fa un bilancio alla vigilia della ultima giornata dei pre-negoziati in vista dell’apertura, mercoledì, del vertice ambientale che le Nazioni Unite hanno organizzato a 20 anni dal quell’Earth Summit che fu la madre di tutte le trattative ambientali. Per tre  giorni si tenterà di riportare nella parte nobile dell’agenda mondiale il tema ambientale. Ma sarà una gara tutta in salita.

Ministro Clini, le aspettative per Rio +20 rischiano di essere deluse?

“La chiave del successo è nelle mani del Brasile. Non a caso io nel coordinamento Ue spingo per un approccio amichevole con il Brasile perche credo che si debba evitare un fallimento della conferenza e sono convinto che il Brasile possa trovare le chiavi giuste. Ma a sua volta il Brasile dovrebbe smettere di credere che l’Ue è contro i paesi in via di sviluppo”.

E’ ottimista che la presidenza brasiliana saprà appianare i contrasti?

“Lavoriamo per questo. Stiamo cercando di trovare una mediazione. Certo, è chiaro che questa non è una conferenza che si concluderà con nuovi impegni, ma con l’avvio di processi virtuosi”.

Ad esempio sulla promozione dell’economia verde?

“Quello della green economy è uno dei punti chiave. L’Ue ha u pacchetto di proposte messe a punto nell’ultimo anno e che è ancorato alla tradizione Ue: la green economy vi ha una parte essenziale perché noi la vediamo come infrastruttura per uscire dalla crisi e la leghiamo alla questione dello sviluppo sociale. E’ la cosiddetta “green economy inclusiva” nella quale crediamo molto”.

E gli Usa molto meno.

“Gli Stati Uniti hanno riconfermato la loro posizione tradizionale. Facciamo molto, ma facciamolo su base volontaria, con partnership e non con regole vincolanti. Ma non solo i soli su questa posizione, i canadesi sono anche più rigidi”.

E il Brasile?

“Per loro la prima priorità è quella sociale, cioè la riduzione della povertà, la crescita. Se poi la crescita sarà anche verde, tanto meglio. Ma la loro linea è: non potete imporci limiti, a meno che non ci diate in cambio delle risorse adeguate per finanziare uno sviluppo diverso”

Vista la crisi trovare risorse sarà arduo

“E infatti il negoziato è tutt’altro che facile. Le ambizioni dovranno coniugarsi con la realtà, se vorremo evitare il fallimento della conferenza”.

A proposito, sembra esserci in giro una preoccupante mancanza di ambizioni tra le nazioni che partecipano a questo summit ambientale. Altra storia rispetto al clima che si respirava nel 1992..

“Noto che venti anni fa i paesi che partecipavano alla conferenza di Rio stimolavano il mondo dell’economia a muoversi in direzione della sostenibilità, ora è semmai vero il contrario. Le imprese sono molto più avanti del negoziato, prendono autonomamente iniziative e impegni, firmano partnership…”.

Gli stati riusciranno almeno a rafforzare la governance ambientale?

“Avevamo ipotizzato un upgrade dell’Unep, il programa delle Nazioni Unite per l’Ambiente, con la creazione di una Agenzia delle Nazioni Unite per l’Ambiente. Ma questo progetto ha incontrato uno ostacolo forte negli Stati Uniti che sono allergici al sistema di agenzie Onu e vedono particolarmente con sfavore la creazione di una agenzia ambientale mondiale. Anche molti gradi paesi in via di sviluppo, Brasile in testa, hanno una posizione molto negativa. Probabile che si debba lavorare a un compromesso che salvi la direzione di marcia, ma con strumenti molto deboli”.