Dall’inviato Alessandro Farruggia

 Quella appena trascorsa nei grandi, spettrali padiglioni del Riocentro è stata una note di trattative per limare il testo negoziale. Ma non tira una buona aria per la Conferenza Rio +20, che si aprirà domani e fino a venerdì vedrà le delegazioni di tutti i paesi del mondo cercare un minimo comun denominatore che consenta di evitare un fallimento che suonerebbe come un de profundis per le residue speranze di rilanciare lo spirito che nel 1992 fece convenire a Rio tutti i leader mondiali e diede il via ad una stagione di convenzioni internazionali sui temi ambientali.

Al momento _ nonostante l’appello del presidente brasiliano Dilma Rousseff ai leader riuniti al G20 in Messico – il testo che è stato prodotto nelle negoziazioni preparatorie è più che debole e gli ambientalisti e le altre associazioni non governative sono pessimiste.

 “Nel testo negoziale _ osserva il WWF _ ci sono 514 parole deboli e appena 10 parole forti. Ci sono 99 supportare, 50 incoraggiare, ma solo 3 dobbiamo e 5 faremo”. Ovunque si guardi nelle 50 pagine del testo negoziale, emerge una mancanza di ambizione frutto di una assenza di volontà politica. Ad esempio il possibile e necessario accordo per la tutela degli oceani usa un linguaggio troppo prudente contro lo sfruttamento dei mari e ha escluso la possibilità di istituire zone di protezione in acque internazionali. Il testo sulla green economy manca dei fondi necessari per promuoverla. E il lungamente atteso upgrade del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente in una Agenzia delle Nazioni Unite per l’ambiente caro all’Ue sembra essere tramontato definivamente dopo il “no” degli Usa ma anche del Brasile e di molti altri stati.

 E nel testo, va sottolineato, non c’è accordo su una azione concreta per l’eliminazione dei perversi sussidi ai combustibili fossili _ un trilione di dollari _ che persino il G20 aveva fatto proprio già tre anni fa ma che da allora è rimasto lettera morta. Ieri la coalizione 350.org _ con il contributo di decine di organizzazioni non governative, dal Wwf a Legambiente _ ha lanciato una “tempesta su twitter” di 24 ore per chiedere ai leader mondiali, rilanciando lo stesso messaggio su twitter per centinaia di migliaia di volte, di eliminare i sussidi alle fonti fossili. A maggior supporto 350.org ha consegnato una petizione con 1 milione di firme raccolte online.  Ma non è detto che basti, anzi.

“Grazie al cielo _ dice Kumi Naidoo, direttore esecutivo di Greenpeace International _ il nostro futuro non verrà deciso in un summit di tre giorni a Rio, sappiamo già che i governi non hanno alcuna ambizione di raccogliere le sfide delle crisi economiche, ecologiche e sociali che devastano il Pianeta e i suoi abitanti. Non c’e’ alcun segnale di una visione in grado di produrre un cambiamento, una visione che sappia trasformare le crisi in opportunità per creare una prosperità durevole basata su uno sviluppo sostenibile”.

 “A Rio _ osserva Elisa Bacciotti, Direttrice Campagne di Oxfam Italia _i governi  stanno risistemando le sedie a sdraio sul Titanic mentre 1,4 miliardi di persone vivono ancora in poverta’, in una lotta quotidiana per cibo, acqua ed energia. Per queste persone ambiente e sviluppo non sono scelte separate. Dobbiamo fare una corsa per rispettare gli attuali obiettivi di sviluppo del millennio e abbiamo bisogno di un programma unico per avere successo” dice “. “La nuova serie di obiettivi -aggiunge- deve portare un cambiamento positivo per i più  poveri del mondo, persone che non sanno se il cibo, l’acqua, l’energia o l’aria pulita da cui dipendono riguardano questioni ambientali o di povertà . Vogliono solo sopravvivere e vivere una vita decente”. Ma mentre Rio 1992 aveva unito i temi di ambiente e sviluppo, Rio +20 sembra destinato a tenerli distinti.

 “In vista non c’è nessun miracolo politico” dicono dal Wwf International. Ma la speranza è l’ultima morire. Dopotutto i tre giorni di negoziati veri e propri devono ancora iniziare. E se nessuno vuole davvero affrontare le scelte che servirebbero per fare un salto di qualità, nessuno vuole neppure perdere la faccia. Si lavorerà quindi ad un compronesso, che probabilmente non accontenterà nessuno e che sarà solo un piccolo passo sulla strada della sostenibilità. Un pallido simulacro delle speranze che furono, venti anni fa.