Secondo giorno di conferenza vera e propria a Rio de Janeiro, e calma piatta. I discorsi dei capi di stato e di governo si succedono in plenaria. Ma da loro vengono solo parole. . E nessuno ha la forza di mettere mano al documento finale, chiuso prima dell’arrivo dei leader su un minimo comun denomintore che è ricco di promese e di buone intezioni ma è totalmente privo di azioni concrete. La conferenza si è ficcata in un cul de sac.

“Ci rendiamo contro che l’esito è inferiore alle aspettative _ ha ammesso ieri il presidente francese Hollande _ ma non potevamo andare oltre se volevamo evitare un fallimento della conferenza”.  Perchè una conferenza inutile è considerata migliore di un aperto fallimento. I brasiliani che hanno grandi ambizioni in ambito Nazioni Unite non se lo possono permetetre, gli ltri non hanno interesse a rompere davvero, a dire che il re è nudo. Per evitare una replica della conferenza di Copenaghen si è così deciso di chiudere il testo prima dell’arrivo dei leaders e ora non lo si vuole riaprire per evitare che l’insoddisfazione generale provochi una valanga di richieste di cambiamento che si teme di non poter governare.

E così la presidenza brasiliana ha diviso i leaders in quattro sottogruppi tematici, e il segretario generale delle Nazioni Unite sta effetuando sondaggi per vedere se c’è lo spazio per una dichiarazione politica aggiuntiva ed eventualmente (qui con la collaborazione della presidenza brasiliana) per mettere un pò di soldi sul piatto. Ma non è detto che si arrivi a nessuno dei due obiettivi.

Venti anni dopo, sarebbe comunque un risultato risibile.