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Si fa presto a dire: così si criminalizza il Sud, si mischia grano con loglio,  si fa sciacallaggio  su un disastro ambientale. La pubblicità della Pomì sarà sicuramente stata improvvida  e certamente sottostima che di terreni contaminati e di falde contaminate ce ne sono, eccome, anche in Pianura Padana. Ma non è con il vittimismo — sport italico — che ci si sciaqua l’anima.

Soprattutto, a gridare al crucifige non possono essere i politici, i primis della Campania, che adesso forniscono assicurazioni sulla salubrità dei loro prodotti agricoli dopo che per decenni si sono voltati dall’altra parte e non hanno impedito  un inquinamento sistemico che ha già drammaticamente innalzato i tassi di mortalità da tumore. Perche è di epica catastrofe ambientale che si deve parlare. «La catastrofe ambientale che è in atto  — scrive infatti nella Relazione sulla Campania la “Commissione parlamentare sui  rifiuti” — costituisce ormai un fenomeno di portata storica, paragonabile soltanto ai fenomeni di diffusione della peste secentesca».

Basta? Oppure occorre ricordare che in Campania sono certificati 359 superamenti dei Csc (la Concentrazione della soglia di contaminazione oltre la quale un  sito è “potenzialmente contaminato”), dei quali 198 fuori dai sei siti di interesse nazionale (Sin) che si trovano in quella regione. Di questi  359 siti contaminati, solo 12 sono stati bonificati, per i 63 si sono avviate le bonifiche e 10 sono stati messi in sicurezza. Tutti gli altri continuano ad inquinare e lo faranno di più nei prossimi decenni, dato che, come ha osservato sulla base dele relazioni tecniche acquisite Alessandro Milita,  magistrato della Dda di Napoli, «il picco della contaminazione si avrà nel 2.064».

Si può pensare che i pomodori coltivati, poniamo,  vicino alla discarica di Giuliano che ha accorto le 30.700 tonnellate di rifiuti speciali dell’Acna di Cengio siano immacolati, se irrigati con l’acqua di quei pozzi? I sequestri su ordine della procura di Napoli fatti dal comando provinciale e dal nucleo investigativo della Forestale lo scorso 5 luglio vicino a Caivano — sei ettari coltivati a pomodori e asparagi — dimostrano che nelle acque usate per irigare i campi c’erano concetrazioni fuorilegge di tetracloroetilene, fluoruri, solfati, arsenico e manganese.  Non è il solo caso. E allora, perchè mimimizzare?

«Quanto l’inquinamento si sia trasferito nel terreno, quanto dal terreno ai prodotti alimentari e quanto dai prodotti alimentari all’uomo — dice la commisione parlamentare — non è dato sapere con esattezza. Ma si tratta di danni incalcolabili, che graveranno sulle generazioni future». E infatti.  Chi dai palazzi del potere oggi grida alla lesa maestà del pomodoro campano dovrebbe  invece operarsi ventre a terra per far fare le bonifiche, rispondendo all’appello del popolo inquinato mobilitato da Don Maurizio Patriciello, Legambiente, Libera. Pretenderle, spargendosi il capo di cenere per quanto (non) fatto nei decenni passati.

E nel frattempo, rigorosamente tacere.