Typhoon Haitang Headed For Taiwan

 

Chi denuncia  che e’ in atto un cambiamento climatico causato in buon parte dall’uomo dovrebbe evitare accuratamente di tranciare giudizi con l’accetta, perche’ l’evidenza del cambiamento climatico e’ scienza e non fantascienza, e chi lavora a favore di chi inquina l’atmosfera e altera il clima non chiede di meglio che avere di fronte persone che ragionano per tesi, suggestive ma non provate. Confutare i catastrofisti  e’ facile. E cosi, avendo demolito la loro credibilita’ (e per assonanza in qualche modo avendo macchiato quella degli scienziati e degli ambientalisti seri e credibili), continuare a inquinare impuniti.

A scanso di equivoci, dico subito che non esistono dubbi che il cambiamento climatico sia in atto, e che una parte rilevante e anzi preponderante sia causata dall’uomo, in particolare dalle emissioni di gas serra che vengono dall’uso di combustibili fossili. La temperatura del pianeta si e’ gia’ riscaldata di 0.85 gradi, la criosfera (i ghiacchi) si e’ ridotta, gli oceani si sono riscaldati, acidificati, innalzati. Il regime delle precipitazioni e’ cambiato in molte regioni. Il Quinto Rapporto dell’Ipcc (AR5) , cioe’ dell’organismo scientifico incaricato dalle Nazioni Unite di investigare sul cambiamento climatico, ha fissato ulteriori punti fermi. Basta leggere il Sommario per i Decisori Politici dell’AR5 (TESTO IN ITALIANO) per capire perfettamente quello che sta accadendo e quello che ancor piu’ accadra’.

Basterebbe e avanzerebbe a spingerci all’azione, eppure qualcuno, certo animato da buone intenzioni,  va molto oltre e sostiene che il tifone Haiyan che ha devastato le Filippine sia attribuibile, con un rapporto di causa/effetto, al cambiamento climatico. Che i 10 mila morti siano vittime del cambiamento climatico. E’ una sciocchezza. E non perche’ non sia teoricamente possibile che quel tifone sia stato innescato e sia stato ingantito dal cambiamento climatico. Lo e’,  ma il fatto e’ che non possiamo dimostrare che QUEI MORTI sono morti di cambiamento climatico perche’ non possiamo dimostrare neppure qualcosa di molto piu’ facilmente dimostrabile (ma ancora indimostrato), e cio’ che i tifoni siano in aumento.

Stiamo ai fatti. La stagione dei tifoni, quindi nel Pacifico occidentale, mostra nel 2013 ben 30 tempeste tropicali, delle quali 13 tifoni, 5 dei quali “supertifoni” secondo la scala Safir Simpson. I dati sono della Japan Met Agency (JMA). Considerato che la stagione non e’ finita, sono molti, perche la media 1965-2011 (fonte: consorzio universitario Tropical Storm Risk) indica che ogni anno in quella zona  si sono verificate 26.2 tempeste tropicali, 16.3 tifoni di cui 8.4 intensi. Il 2013 ha quindi gia’ superato le medie per il numero totale di eventi, e probabilmente lo fara’ anche per il numero di tifoni.

Ma in climatologia un anno non significa nulla. Il dato va contestualizzato. Nel 2012 ci sono state 25 tempeste tropicali e 14 tifoni, tre dei quali supertifoni. Quindi, sotto le medie. Questo e’ il dato della JMA e anche quello della americana JTWC (piu generosa perche’ calcola la classe della tempesta misurando la velocita’ del vento per un minuto, anziche’ per 10, come i giapponesi)  e’ di 25 tempeste e 16 tifoni, 5 dei quali “super”. E  siamo sempre sotto le medie. Vogliamo vedere il 2011? Abbiamo 21 tempeste e 8 tifoni, 4 dei quali “supertifoni” per il JMA e 18,  10 e 4 per il JTWC. Il 2010? Semplifcando, 14 tempeste e 7 tifoni per il JMA e 14 e 8 per il JTWC. Il 2009? 22 tempeste e 13 tifoni per il JMA e 22 e 15 per il JTWC. Il 2008? Di 22 e 11 per il JMA e 27 e 12 per il JTWC. Per questo pezzo di Pacifico, solo il dato delle tempeste tropicali del 2008 e solo per il JTWC supera (di poco) le medie. Anche i numeri del 2007, 2006 e 2005 sono inferiori al periodo di riferimento. E dobbiamo risalire al 2004 per superare con 29 tempeste e 19 uragani, le medie.

In altre parole, dati alla mano, non c’e’ nel Pacifico occidentale un trend che indichi un aumento della frequenza dei tifoni. Discorso diverso si potrebbe fare, e si fa, per gli uragani del Nord Atlantico. Qui il trend e’ differente e indica un aumento, nonstante il 2013 sia da calma piatta. A fronte di una media 1981-2010 (fonte NOAA) di 12.1 tempeste tropicali all’anno,  6.4 uragani, di essi 2.7 “superuragani” nel 2013 abbiamo finora avuto solo 12 tempeste e 2 uragani di categoria 1 (su una scala di 5, quindi, relativamente deboli).  Nel 2012 c’erano state 19 tempeste tropicali e 9 uragani (quindi, sopra le medie) e nel 2011 20 tempeste tropicali e 7 uragani, nel 2010 21 cicloni e 10 uragani. Sempre sopra le medie. Andando indietro nel tempo si vede che dal 1998 in poi il numero delle tempeste tropicali e’ costantemente superiore alle medie, e in 12 anni su 15 e’ superiore anche il numero degli uragani, mentre quello degli urgani piu’ forti e’ superiore 10 anni su 15. In altre parole qui in tend c’e eccome, anche se di breve periodo.

A fare chiarezza interviene l’IPCC. Che nel suo Quinto Rapporto (AR5), e in particolare nel documento del WG1 (il primo gruppo di lavoro che si occupa di stuidiare il cambiamento in atto) , indica al capitolo secondo, paragarafo 2.6.3 che no, non possiamo proprio dire che vi sia una tendenza globale in atto all’aumento o all’intensificazione di uragani e cicloni. Come gia’ detto nel rapporto SREX del 2012 un aumento generalizzato e’ improbabile. C’e’ solo nell’Atlantico settentrionale, e solo nel breve periodo. Nel paragafo in questione c’e’ scritto infatti: “E’ improbabile che il numero annuale delle tempeste tropicali, degli uragani e degli uragani piu’ forti  sia aumentato nel bacino del Nord Atlantico negli ultimi 100 anni. Vi e’ invece un virtualmente quasi certo aumento  della frequenza e dell’intesita’, dal 1970, dei piu’ forti cicloni tropicali in quella regione”.

Nell’Atlantico, non nel Pacifico Nord Occidentale dove quasi solo il professor Kerry Emanuel del MIT  ha parlato (studi del 2005-2007) di un trend di crescita dalla fine degli anni 70 ad oggi. Ma il lavoro di un gruppo di ricerca, sebbene sia serio e interessante,  e’ troppo poco. E  infatti l’Ipcc lo cita ma non lo considera abbastanza per parlare di possibile (e tantomeno certo) trend in atto. Figurarsi attribuire i 10 mila morti al cambiamento climatico.

Morale della favola, gridare al lupo sulla base di percezioni non suffragate da fatti, non solo non serve, ma puo’ diventare un favore al lupo. Solo dati scientifici autorevoli possono (forse) spingere governi e opinione pubblica ad agire, sconfiggendo chi nega l’innegabile. E  figurasi quel che innegabile non e’.