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Undici anni dopo, il naufragio della petrolliera Prestige resta senza colpevoli. Nonostante le sversamento di 63 mila tonnellate di combustibile, la creazione di 170.700 tonnellate di rifiuti contaminati, l’inquinamento di 2.980 chilometri di litorale spagnolo e francese, 1.137 spiagge insozzate, 450.000 metri quadri di scogli contaminati da catrame e la morte di un numero stimato tra i 115 mila e i 230 mila uccelli e un numero imprecisato di organismi marini nessuno paghera’. E non solo in termini di pene detentive, ma anche in termini puramente monetari.

La perizia realizzata per la procura dall’universita’ di Santiago de Compostela stima danni per 4.415 milioni di euro, e la sentenza stessa riconosce danni documentati per 369 milioni di euro allo stato spagnolo, di 145 per la Galizia e 67 alla Francia. Eppure a fronte di questo ci sono solo i 115 milioni di euro messi a disposizione Fondo internazionale per il risarcimento dei danni causati da idrocarburi. Dannatamente poco.

L’assicurazione della compagnia proprietaria della Prestige da parte sua ha infatti messo a disposizione appena 22 milioni 777 mila euro partendo dal presupposto che e’ responsabile solo del 3% dello sversamento (lo sversamento iniziale) e neppure questi soldi rischiano di essere effettivamente incassati dallo stato spagnolo perche’ nella sentenza la corte ha stabilito che “nessuno può sapere con esattezza le cause dell’accaduto, ne quale sarebbe dovuta essere la risposta appropriata e quindi non si può stabilire nessuna responsabilità penale”. E in assenza di responsabilità penale e’ difficile chiedere una responsabilità civile. “La distribuzione di questa somma – prosegue la corte- si potrà fare solo in virtù di una condanna per responsabilità civile, e non e ancora questo il caso”.

Se e quando arriveranno i 22 milioni di euro, si trattera’ comunque di spiccioli rispetto  al miliardo di euro per il quale era pur sempre assicurata la  Mare Shipping proprietaria della nave e rispetto ai danni reali che rischiano di restare sulle spalle di Francia e Spagna. Il tutto e’ una beffa assoluta rispetto al principio del “chi inquina paga” recepito dalla direttiva europea 2004/35/CE, che pur stabilendo eccezioni per certi tipi di danni ambientali (come proprio quelli derivanti dal trasporto di merci pericolose o idrocarburi in mare) prevede in teoria anche in quei casi un concorso per la copertura dei puri e semplici danni ambientali. Dove e’ questa copertura? Al momento e’ teorica e il sacrosanto “chi inquina paga” e’ al momento un mero “chi inquina dovrebbe pagare”.

C’e un oggettivo problema di credibilità delle istituzioni europee in materia di tutela dell’ambinete da inquinamenti di varia natura e al quale si dovrebbe far fronte con il principio della responsabilita’ oggettiva, coperta da assicurazione obbligatoria per tutti coloro che vogliono attraccare nei porti europei. Altrimenti chi vuole inquinare continuerà a farlo impunemente.