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Che la montagna avrebbe prodotto un topolino, era chiaro da mesi. Ma quanto sta succedendo alla diciannovesima conferenza delle parti (Cop19) firmatarie del trattato sul clima, in corso a Varsavia va anche oltre le previsioni. I colloqui si sono arenati su questioni ultratecniche, non si trova un euro per il fondo che dovrebbe compensare i paesi meno sviluppati che gia’ oggi subiscono gli effetti del cambiamento climatico, di un accordo globale da raggiungere entro il 2015 non c’e’ neppure lo scheletro, e in piu tre paesi chiave come Giappone, Australia e Canada (tutti Annex 1, quindi con impegni vincolanti ai sensi del protocollo di Kyoto) stanno facendo ulteriori passi indietro rispetti agli impegni presi. In particolare il Giappone, portando a giustificazione l’incidente a Fukushima che la costringerebbe a utilizzare più fonti fossili, ha ridotto dal 25 al 3.8% il suo impegno di riduzione al 2020 rispetto alle emissione del 1990.

Il quadro e’ così compromesso che le associazioni ambientaliste che in questi anni, pur turandosi il naso, hanno sostenuto in ogni modo il processo negoziale affermando che una rottura sarebbe stata peggiore di un processo negoziale lento e inefficace hanno perso la pazienza e hanno clamorosamente abbandonato i lavori. Una cosa mai successa nei negoziati sul clima. “Abbastanza e’ abbastanza – ha commentato Winnie Byanyama, direttore di Oxfam International – noi ce ne andiamo perche’ la gente deve sapere lo stato disperato di questi negoziati”.

A sbattere la porta sono stati Wwf, Greenpeace, Friends of the Earth, Oxfam e altre sei organizzazioni ambientaliste e sindacali (Construyendo Puentes, Ibon International, International Trade Union Confederation, LDC Watch, Pan African Climate Justice Alliance, la filippina Peoples’ Movement on Climate Change). Ma gli ambientalisti sono spaccati perche associazioni come Care International e e il World Resouces Institute, pur “comprendendo e apprezzando le motivazioni” hanno scelto di restare come osservatori del processo negoziale.

“La conferenza sul clima di Varsavia, che avrebbe dovuto essere un passo importante nella giusta transizione verso un futuro sostenibile – osserva Mariagrazia Midulla responsabile clima di Wwf Italia – si avvia a offrire praticamente il nulla. Le azioni di molti paesi ricchi qui a Varsavia stanno minando direttamente i negoziati dell’UNFCCC, che è un importante processo multilaterale che deve avere successo se vogliamo risolvere la crisi climatica globale. La Conferenza di Varsavia ha messo al centro gli interessi delle industrie energetiche sporche invece che gli interessi dei cittadini”. “I governi sono venuti a Varsavia senza avere nulla da offrire e Pertanto le organizzazioni e i movimenti che rappresentano persone provenienti da ogni angolo della Terra hanno deciso che il miglior uso del proprio tempo è di ritirarsi volontariamente dai colloqui sul clima di Varsavia.Ci concentreremo su come mobilitare la gente per spingere i governi ad assumere la leadership per una seria azione per il clima”.

Altrettanto dura Greenpeace. “Il governo polacco ha fatto del suo meglio per trasformare questo negoziato in una vetrina per l’industria del carbone. Assieme al cedimento di Giappone, Australia e Canada, e all’assenza di leadership dagli altri Paesi, i governi convenuti a questa Conferenza hanno preso a schiaffi coloro che stanno soffrendo per le pericolose conseguenze del cambiamento climatico” ha accusato il direttore esecutivo di Greenpeace International, Kumi Naidoo. “In particolare, l’Unione Europea e’ ostaggio del governo della Polonia e dei suoi amici dell’industria del carbone- denuncia Naidoo- da questa morsa deve svincolarsi per tornare a guidare l’agenda sul clima se a Parigi, nel 2015, vogliamo che si dia vita a un accordo significativo”. Poi, “nessuno come la Cina puo’ giocare un ruolo decisivo, ma questo Paese non sta ancora mettendo a frutto il suo potenziale. Deve ancora tradurre il suo impegno ‘nazionale’ alla riduzione dell’uso del carbone, e ad altri impegni sul clima, in un costruttivo impegno nel negoziato internazionale”. “Il 2014 e’ un anno di importanza critica, un anno in cui devono essere espresse e realizzate ambizioni e azioni in vista dell’accordo di Parigi- aggiunge il direttore esecutivo di Greenpeace International- ogni singolo Paese deve presentare adesso i suoi nuovi impegni alla riduzione delle emissioni, ovviamente impegnandosi a mantenere quanto gia’ promesso”.

A Varsavia il re e’ nudo e i governi devono confrontarsi con il fatto che l’opinione pubblica non crede piu alle generiche espressioni di buona volonta’, ma chiede fatti. Con l’America di Obama ancora fuori da Kyoto e paralizzata dalla mancanza di una maggioranza nel Congresso ad essere sconfitta e’ soprattutto l’Europa, che per anni ha cercato di dare un futuro al processo negoziale ma e’ oggi divisa e incapace di leadership, mentre la Cina, che poteva avere un ruolo chiave che l’avrebbe proiettata strategicamente in una nuova dimensione internazionale non ha avuto il coraggio di farlo. E cosi l’impasse e’ totaale e un accordo da raggiungere entro il 2015 e da far entrare in vigore entro il 2020 e’ a oggi nulla piu che uno specchietto per le allodole.