imagesCA33KILVChe la Yakuza avesse una lunga tradizione di lavorare per l’industria nucleare giapponese reclutando senza informarli sui rischi nè formarli in alcun modo  lavoratori non qualificati (i cosiddetti zingari nucleari) _ spesso e volentieri tra gli homeless, gli indebitati e tra le stesse proprie forze _ è un fatto ben noto. Lo ha fatto da anni. I suoi bacini di reclutamento erano slum come Kamagasaki a Osaka, dove si dice controlli 30 mila lavoratori giornalieri. O nel quartiere di Sanya, a Tokio. Anche stavolta non ha deluso le aspettative. Il reclutamento è iniziato subito dpo l’incidente, come dimostro nel maggio 2012 l’arresto di uno dei “caporali” della potente yakuza Sumitoshi Kai. Il suo nome era Makoto Owada e ammise di aver reclutato lavoratori già dal maggio 2011, pochi mesi dopo l’incidente .

A maggio 2012 ne fu arrestato un altro, il suo nome era Yoshinori Arai, accusato di aver reclutato senza casa e altri disperati trattenendo la metà della paga e di aver lucrato 60 mila dollari in pochi mesi sulle pelle di chi non aveva altra scelta che andare a fare un lavoro sporco. Ma in entrambi i casi, come nel caso di un terzo reclutatore chiamato Sasa, tutto è finito senza troppi danni per loro. Arai è stato condannato 8 otto mesi copn la condizionale, Sasa è uscito indenne (e le aziende per le quali lavorava hanno avuto multe per compessivi 12.500 dollari, un buffetto sulla guancia).

Quello che accaddeva a Fukushima era già stato denunciato a fine 2011 dal libro del giornalista Tomohiko Suzuki (Yakuza and Nuclear Energy: Diary of An Undercover Reporter Working at the Fukushima Plant),  ma senza che questo comportasse alcuna reazione da parte delle autorità. “Formalmente _ ha denunciato l’avvocato Yeseke Minaguchi, che difende alcuni dei lavoratori di Fukushima  _ il governo dice che si tratta di pratiche illegali, ma non fa nulla. E non punendo nessuno, le aziende continuano ad assumere questo personale messo a disposizione dalla Yazuka e continuare ad avere un sacco di lavoratori a basso prezzo”.

La Yakuza copriva  e copre un vuoto. A Fukushima servivano 8 mila lavoratori al giorno ma il reclutamento languiva: mediamente ne mancavano il 25% perchè nessuno vuole andare a lavorare in una area contaminata, nonostante la (teorica) indennità di 100 euro al giorno per il rischio radiazioni, spesso promessa. E così il gap (un gap che è sempre più grande visto che nel 2014 e 2015 servirannno almeno 12 mila lavoratori) è stato riempito dalla Yakuza. Da sempre attiva sul mercato del lavoro e che  ha reclutato senza andare troppo per il sottile e, ovviamente, lucrandoci. Spesso ai lavoratori, detratte le spese per vitto e alloggio, andavano solo 6 dollari l’ora. Meno del minimo sindacale di 6 dollari e mezzo.

Il sistema è reso possibile dalle connivenze e dal larghissimo uso del subappalto, tradizionale in Giappone nel settore dell costruzioni. I giganti che hanno avuto i grandi contratti per la decontaminazione _ Kajima, Obayashi, Shimitsu, Taisei _ subappaltano a centinaia di aziende più piccole (733 secondo un calcolo di massima), e mano a mano che si scende di subappalto in subappalto le leggi sul lavoro vengono sempre meno applicate. Ad rendere più facile questa pratica _ che ignora i rischi sanitari dei lavoratori _ il fatto che la legge per la decontaminazione di Fukushima non ha previsioni spefici (nè sanitari nè contrattuali) per i lavoratori impegnati a Fukushima, ne per le aziende. E quindi è stato il far west.

Anzi, è il far west perchè il sistema continua come se nulla fosse. A fine ottobre l’ottimo video dell’agenzia Reuters lo mostrò al mondo. Un altro video Reuters del 30 dicembre ribadisce che il reclutamento di homeless prosegue, ad esempio a Sendai. E tutto lascia credere che continuerà, dato che Tokio nessuno ha voglia di disturbare il manovratore e l’industria elettronucleare ha forti agganci con la politica. Lo sfruttamento dei lavoratori da parte della mafia è un altro lascito dell’industria malata del nucleare giapponese, che vede le regole come un fastidio e sacrifica tutto sull’altare dei costi: dalla sicurezza ai diritti dei lavoratori. Un bell’esempio davvero.