Members of the Libyan pro-government forces, backed by locals, gather on a tank outside the Central Bank, near Benghazi port, January 21, 2015. The area has been the scene of heavy battles for weeks against the Shura Council of Libyan Revolutionaries, an alliance of ex anti-Gaddafi rebels, who have joined forces with Islamist group Ansar al-Sharia  REUTERS/Esam Omran Al-Fetori

Il tentativo fatto ad Algeri il 31 luglio dal negoziatore delle Nazioni Unite per la Libia, Bernardino Leon, ha pagato. Il GNC, il parlamento di Tripoli, non riconosciuto dalla comunità internazionale, ha accettato di tornare al tavolo di trattativa dopo un mese di assenza per discutere degli allegati alla bozza, che è stata ed è rifiutata dalle autorità islamiste di Tripoli. Ieri il Gnc ha partecipato all’incontro di Ginevra, postposto di un giorno proprio per avere la loro partecipazione. Per arrivare a questo traguardo, molto importante è stata la partecipazione all’incontro di Algeri del ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, ma non meno decisivo è stato il lavoro svolto pazientemente sottotraccia dagli italiani _ che hanno messo sul piatto, con una azione diplomatica ma anche di intelligence, risorse e opportunità politiche _ presso alcune delle componenti che sostengono Tripoli, in particolare i Fratelli Musulmani e le milizie e le forze poltiche di Misurata e Zuwara. Un lavoro che ha progressivamente spaccato il fronte di Tripoli.

Lo si è visto durante la drammatica seduta del Gnc che si è tenuta il 9 agosto a Tripoli e nella quale c’è stato uno scontro al calor bianco tra il presidente del Parlamento di Tripoli, Nuri Abu Samain, e Mizar Kawan, uno dei leader parlamentari del Justice and Costitution party, il partito dei Fratelli Musulmani nel Gnc (e il secondo più votato). Il Justice and Costitution party _ con decisione ratificata dal suo presidente Mohamed Sawan, esponente di Misurata _ ha approvato la bozza di intesa proposta da Leon e già firnata da Tobruk e da alrre componenti, spaccando come un melone maturo il fronte islamista. Samain e Kawan  sono quasi venuti alle mani e Kawan ha avuto un collasso: a riportare la pacw è dovuto intervenire la Guardia presidenziale. Ma lo scontro ha avuto il risultato di convincere Samain (visto anche il dibattito in aula, che mosrrava una maggioranza favorevole alla trattativa) che era opportuno tornare al tavolo negoziale, opzione sino ad allora fermamente esclusa dal leader del Gnc.

Naturalmente il Gnc non deflette dalla richiesta di modificare il testo dell’intesa. Ma stavolta è disposto ad accettare modifiche attraverso gli allegati. In particolare tra le richieste c’è quella di non dare ruoli a criminali di guerra e quella di ridiscutere (o meglio, cancellare) le decisioni prese dal parlamento (legittimo) di Tobruk. Come in ogni trattiva, si vedrà.

Leon ed Gentiloni esultano. “E’ molto impertante _ ha osservato Leon  _che le parti si incontrino e discutano degli allegati al testo negoziale. Auspico che il dialogo si possa conlcudere in tre settimane, con la creazione di un governo di unità nazionale, e che lo si possa votare nella prima settimana di settembre”. “La partecipazione dei rappresentanti del Congresso Nazionale Generale (GNC) all’incontro promosso dall’inviato dell’Onu per la Libia _ osserva da parte sua Gentiloni _ rappresenta un passo nella giusta direzione. Il processo politico puo’ cosi’ proseguire sulla base di partenza costituita dall’accordo raggiunto il 12 luglio in Marocco.  Solo attraverso il confronto e il dialogo tra le parti al tavolo negoziale si possono affrontare le questioni ancora aperte, affinche’ la Libia possa finalmente voltare pagina e riprendere il cammino della riconciliazione e dello sviluppo democratico”.

I passi sono incoraggianti, il filo si è riannodato e questo si agginge alle positive notizie che giungono da Derna, dove l’altroieri una autobomba dell’Isil ha ucciso Abu Bakr Garabiel, famigerato capo delle locali milizie salafite che controlano la città. L’attacco, costato la vita ad altri sei salafiti, ha innescato violenti comattimenti tra loro e l’Isil ( o meglio, Daesh), che è attestato sulle colline a sudest della città. Che i jihadisti si sparino e si uccidano tra loro è il meglio che possa capitare in un caos come quello libico, a perenne rischio somalizzazione. Se solo ci fosse un governo per approfittarme sarebbe fatta. Se solo.