afghan-kunduz-airstrikeIl bombardamento dell’ospedale di Medici Senza Frontiere a Kunduz  _ 19 morti, tra i quali 7 pazienti e 12 membri dello staff e 37 feriti _ avvenuto a partire dalle 2.10 di sabato 3 ottobre  e fino alle 3.15 è un evento di estrema gravità. La struttura, che dall’inizio dei combattimenti (fine settembre) ha trattato 394 feriti e al momento dell’attacco aveva 80 membri di staff sanitario tra nazionali e internazionali e 105 pazienti, ed era perfettamente conosciuta a tutte le parti. “MSF _ è scritto in una nota dell’Organizzazione non governativa _ vuole chiarire che tutte le parti in conflitto, comprese Kabul e Washington, erano perfettamente informate della posizione esatta delle strutture MSF  – ospedale, foresteria, uffici e unità di stabilizzazione medica a Chardara (a nord-ovest di Kunduz). Come in tutti i contesti di guerra, MSF ha comunicato le coordinate GPS a tutte le parti del conflitto in diverse occasioni negli ultimi mesi, la più recente il 29 settembre. Il bombardamento è continuato per più di 30 minuti da quando gli ufficiali militari americani e afghani, a Kabul e Washington, ne sono stati informati”. L’attacco è stato compiuto da una “cannoniera volante” AC130, e questo ha contributo al massacro, perchè l’Ac130 ha mitragliatrici, cannoni, obici, ma non bombe a guida gps. In altre parole, è devastante ma è molto meno preciso.

L’attacco è “ingiustificabile” e “potenzialmente criminale” ha dichiarato l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Zeid Raad Al Hussein. Zeid ha chiesto una inchiesta approfondita e trasparente, rilevando che “un attacco aereo su un ospedale potrebbe costituire un crimine di guerra, se riconosciuto come deliberato”. Purtroppo per gli americani, il governo di Kabul _ il cui esercito ha probabilmente fornito le indicazioni sulle posizioni dei talebani, sulla base delle quali è stato deciso il bombardamento _ ha incredibilmente ammesso che così era. Il ministero dell’Interno afgano sostiene che, al momento del bombardamento, nell’ospedale “si nascondevano 10-15 terroristi”. In una conferenza stampa a Kabul, il portavoce del ministero, Siddiq Siddiqi, ha assicurato che “tutti i terroristi sono stati uccisi, ma fra le vittime ci sono stati anche dottori”. Ma che sfortuna. Ma che disdetta.  E soprattutto che faccia tosta:  la posizione del governo di Kabul, ben illustrata da Siddiqui, è che è legittimo sparare contro un ospedale se ospita terrioristi. Una posizione che va contro le regole del diritto sanitario internazionale. E questo è un abominio.

Il diritto sanitario internazionale è codificato in particolare dalla Prima Convenzione di Ginevra del 1864, dalle quattro convenzioni di Ginevra del 1949, e dai Protocolli aggiuntivi del 1977, che hanno riaffermato e sviluppato questi principi, in particolare quello della distinzione: “ (…) Le parti in conflitto dovranno fare, in ogni momento, distinzione tra la popolazione civile e i combattenti, nonché tra i beni di carattere civile e gli obiettivi militari e, di conseguenza, dirigere le operazioni solo contro obiettivi militari.” (art. 48 del I Protocollo; art. 13 del II Protocollo).

In particolare l’articolo 18 della Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra (1949) afferma chiaramente che “Gli ospedali civili organizzati per prestare cure ai feriti, ai malati, agli infermi e alle puerpere non potranno, in nessuna circostanza, essere fatti segno ad attacchi; essi saranno, in qualsiasi tempo, rispettati e protetti dalle Parti in conflitto”. Certo, c’è una eccezione, prevista dal’articolo 19 della stessa Convenzione. “La protezione dovuta agli ospedali civili potrà cessare soltanto qualora ne fosse fatto uso per commettere, all’infuori dei doveri umanitari, atti dannosi al nemico. Tuttavia, la protezione cesserà soltanto dopo che un’intimazione con la quale è fissato, in tutti i casi opportuni, un termine ragionevole, sia rimasta senza effetto. Non sarà considerato come atto dannoso il fatto che in questi ospedali siano curati dei militari feriti o malati o che vi si trovino armi portatili e munizioni ritirate a questi militari e non ancora consegnate al servizio competente”. In altre parole, se da un ospedale si spara contro il nemico l’ospedale diventa obiettivo legittimo, ma solo se dopo una intimazione a cessare il fuoco questo continua. Non è il caso dell’ospedale di Kunduz, perchè non c’era alcuna attivita ostile e infatti nessuno l’ha contestata e ha chiesto che terminasse, mentre invece è caduto inascoltato avvertimento che si stava sparando su un ospedale.

Una inchiesta militare americana è in corso, dubito che tra i militari americani emergerà l’intenzionalità incautamente esibita dal governo di Kabul e penso che al solito l’inchiesta non porterà a nulla se non a eventuali blandissime conseguenze per gli operatori americani, che naturalmente ci verrà spiegato che avranno solo eseguito ordini in una catena di comando nella quale per errore _ che verrà scaricato sull’esercito afghano _ era stato inserito un obiettivo sbagliato. Sfortuna, danni collaterali, è la guerra.  La verità è che nonostante lo sforzo degli americani e della Nato nel ridurre i “danni collaterali”, che c’è, questi continuano, perchè strutturalmente sono ineliminabili se si usa pesantemente l’aviazione in una guerra con convenzionale.  A farne le spese _ a parte i morti, i feriti e le loro famiglie _ sarà la credibità (già bassa di per se) del governo di Kabul, quella dei militari americani e della Nato e in ultima analisi l’impegno occidentale in Afghanistan a favore della stabilizzazione dell’area, con ovvie conseguenze sul processo di pace. E’ anche grazie ad azioni come questa, vera benzina sul fuoco della propaganda, che i talebani combattono ancora e oggi sono all’offensiva. I tagliagole sentitamente ringraziano.