Il mullah Mansoor è morto, tocca al maulawi Haibatullah Akhundzada. E’ ufficiale. Il mullah Mansoor è effettivamente stato ucciso nell’attacco condotto da un drone americano sabato nella provincia pakistana del Belucistan. E la shura di Quetta si è riunita e ha rapidamente nominato il suo successore, comunicandolo con una nota. “Il consiglio di guida dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan _ recita dopo aver ammesso la morte di Mansoor _ ha deciso di nominare il Maulawi Haibatullah Akhundzada come nuovo leader dell’emirato islamico. La sua scelta è avvenuta all’unanimità. Suoi vice saranno il mullah Sarajahuddin Haqqani e il mullah Yaqoub”. 

Che la nomina sia stata rapidissima, non vi è dubbio, ma la scelta di Haibatullah Akhundzada va letta con attenzione. Poco più che cinquantenne, nato nel distretto di Panjawi, regione di Kandahar, il nuovo leader dell’Emirato Islamico era già vice del mullah Omar, e negli anni nei quali i talebani guidavano l’Afghanistan è stato giudice nel Nangahar e a Kandahar per poi diventare, negli anni dell’esilio dopo il 2001, il capo del settore giudiziario dell’Emirato. E’ un maulawi, quindi ha completato un formale percorso di studi islamici, ed è sempre stato più una autorità spirituale, con dotta conoscenza della legge islamica, che un combattente militare. Anche se con l’insorgenza sia dai tempi della lotta contro le truppe russe, è sostanzialmente un erudito, non un uomo d’azione, ed è a tutti gli effetti un esponente della vecchia guardia. Un dinosauro talebano. Rigido, solido, conservatore. Grigio.

Haibatullah Akhundzada è della tribù Noorzai, dalla quale provenivano molti dei comandanti che si erano opposti ala domina di Mansoor. La sua scelta è in parte determinata dal tentativo della Shura di Quetta di cercare di ricomporre l’unità del fronte talebano. I primi segnali non sono però incoraggianti perchè uno dei portavoce degli “scissionisti”, il mullah Abdul Manan Niazi ha definito “inaccettabile la scelta”, avvenuta “con le stesse logiche che hanno portato alla nomina di Mansoor”.

Secondo molte fonti la scelta ha però anche altre due motivazioni. La prima delle quali è il voler tenere caldo il posto di leader al ventiquattrenne Yaqoub, che del mullah Omar è il più anziano dei figli, e che per alcuni è il predestinato a prendere la guida dei talebani, quando la sua leadership crescerà. Ma c’è anche la volontà di mantenere la guida formale al gruppo di Kandahar, il nucleo storico del movimento, accettando di delegare il potere militare _ il potere reale in un movimento terroristico _ a Sarajahuddin Haqqani, leader del gruppo oggi più forte (la rete di Haqqani) e più determinato. Quella che potremmo chiamare l’ala stragista dei talebani, quella che più di ogni altro gruppo non esita a mettere bombe su obiettivi civili e lanciare attacchi suicidi, anche se è chiaro in anticipo che costeranno la vita anche a musulmani innocenti.

Appena nominato il nuovo leader è già tirato per la giacca da tutti, relativamente alla scelta di partecipare oi meno ai negoziati di pace. Sulla stampa pakistana è circolata la notizia di un suo file audio, nel quale avrebbe espersso la volontà di no trattare con Kabul, ma il mullah Zahibulllah, un portavoce storico, he definito l’audio un falso. Ci vorrà del tempo per capre dove il nuovo leader vorrà portare il movimento. le previsioni fate a suo tempo su Mansoor, descritto come un centrista ma rivelatosi tutt’altro, inducono alla prudenza.  Quello che c’è da temere a breve è una vendetta per l’uccisione di Mansoor da parte di un drone. Un gesto eclatante, probabilmente un attacco terroristico contro gli americani. Dopodichè, molto dipenderà dai rapporti di forza interni al movimento. Ma tra gli analisti l’ottimismo non prevale. Sarà ancora insorgenza, come se non ci fosse un domani.