L’altro giorno Guido Barilla ha detto che nel fare pubblicità ai propri prodotti, non utilizza, né mai lo farà, famiglie che non siano quelle “tradizionali” perché è quello il target di consumatori cui si rivolge. Guido Barilla non ha detto che lui discrimina i gay, ha detto che non la pensa come loro e che preferisce comunicare l’ideale classico di famiglia. Cosa c’è di male in questo? G.M., Milano

ASSOLUTAMENTE nulla e solo nel nostro Paese può capitare che si assista ad un simile linciaggio. Emblematiche le reazioni oltre le righe (politicamente corrette?) alle parole di Barilla: sembra quasi che adesso serva l’autorizzazione di qualche autoproclamatasi autorità morale per decidere come pubblicizzare un’azienda privata. “Io non farei mai uno spot con una famiglia gay, non per mancanza di rispetto agli omosessuali che hanno diritto di fare quello che vogliono, senza disturbare gli altri, ma perché non la penso come loro e penso che la famiglia a cui ci rivolgiamo noi è comunque una famiglia classica”- questo ha detto Barilla. Cosa c’è di male? Una persona, o un’azienda, non è più libera di scegliere i propri valori e il proprio target di comunicazione? “La pubblicità – ha aggiunto – è una cosa molto seria”. Una cosa seria, appunto, da non far giudicare alla Rete.
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