Il figlio di 6 anni non voleva leggere e così è partito uno schiaffo del padre: un gesto che è costato all’uomo una condanna a un mese per abuso dei mezzi di correzione. Nel 2011 un altro papà italiano finì in cella e fu condannato ad una multa per un caso analogo in una strada di Stoccolma. Insomma i giudici mettono il naso anche nell’educazione dei figli.
Anna Longhi, Milano

IN UN’ITALIA da sempre mammona, la tendenza è tenere tutto insieme, affetto e rimbrotto, carezza e scappellotto. Uno scapaccione ogni tanto, quando proprio non ne possiamo più, può essere considerato una violenza? La generazione di quelli che oggi non sono più giovani sa che i nostri genitori (politicamente scorretti?) non disdegnavano ogni tanto di mollare un ceffone. Adesso pedagogisti e educatori ci ripetono che non si fa così, che non serve a nulla dare uno schiaffo, non serve ad educare ma anzi a far diventare violento un bambino, che nel lungo periodo si comporterà come il genitore. Eppure c’è il detto “mazz e panell fann i figli bell” (bastonate e pane fanno crescere bene i figli). Ovvio che nessuno dovrebbe educare i figli a suon di botte, ci mancherebbe, il dialogo è la migliore arma che abbiamo a disposizione, così come il nostro esempio, ma ci sono situazioni dove – ammettiamolo – uno scappellotto non può che far bene.
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