L’ALTRO pomeriggio ho ascoltato il presidente del Consiglio Renzi annunciare in televisione l’intenzione di assicurare un bonus di 80 euro per 3 anni alle neomamme. «So – ha aggiunto – cosa significa comprare pannolini e biberon. È una misura che non risolve il problema, ma è un segnale». Renzi ha dato anche un altro segnale: ha infatti annunciato la decisione di assicurare ai figli degli immigrati lo «ius soli». Finalmente…
Angela Torre, Milano

PRIMA DI GRIDARE al… miracolo bisogna però valutare attentamente le parole pronunciate dal presidente del Consiglio: in realtà lo «ius soli» viene subordinato, per i ragazzi stranieri nati e/o cresciuti in Italia, al completamento di un ciclo di studi. In concreto, i figli degli extracomunitari potranno ottenere la cittadinanza al compimento dei 16 anni, cioè solamente due anni prima rispetto a quello che avviene ora. Intendiamoci: attualmente l’Italia è tra i Paesi con le norme più rigide sulla concessione dell’«italianità» e quindi questa eventuale decisione del governo sarebbe un’importante apertura. Tuttavia lo «ius soli», la cittadinanza per chiunque nasca in Italia, figlio di immigrati, non dovrebbe essere considerata una graziosa concessione, ma è principio liberale. Perché non dipende dal sangue, ma dall’appartenenza a una comunità e a tutti i suoi riti. Ed essere d’accordo con questo principio non significa avere una politica morbida con l’immigrazione. Al contrario.
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