La prostituzione minorile negli ultimi due anni è aumentata del 516% e per il 50% si tratta di maschietti. Molti sedicenni e diciassettenni, ma anche tredicenni o quattordicenni. Di fronte ai dati forniti dalla magistratura penso non si possa restare insensibili: il rischio concreto è che stiamo perdendo una generazione e non facciamo niente. O non sappiamo cosa fare: a chi tocca intervenire?
Anna B. Milano

Ogni volta che la magistratura apre un’inchiesta su un nuovo caso di prostituzione minorile, le cronache riferiscono ogni particolare della vicenda, concentrandosi soprattutto sulle vittime. Adolescenti che decidono più o meno consapevolmente di prostituirsi per guadagnare qualche soldo o ricevere regali: c’è chi lo fa per raccogliere denaro, per acquistare l’ultimo modello di smartphone o di sneakers griffate, ma anche per sostenere le spese di famiglia. Ma i clienti delle (dei) baby squillo chi sono? Ben poco si sa di coloro che pagano per fare sesso. A farlo sono di solito uomini di mezza età per la maggior parte delle volte definiti «sani». Una volta scoperti negano, oppure sostengono che sia la ragazza ad averli ingannati. Di fronte a queste aberranti situazioni non si può che provare un sentimento di paura. È mai possibile che per pochi euro ci si possa annullare e diventare mera merce di scambio? E che per sentirsi ancora giovani si «sporchino» corpi e menti ancora acerbi?
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