DALL’INIZIO del 2016 sono dieci gli omicidi consumati nell’area metropolitana napoletana, senza contare le decine di rappresaglie armate consumate ovunque ci sia da definire equilibri nella spartizione dei proventi di droga e racket. È tornata la guerra di camorra, si dice e si scrive. In realtà c’è sempre stata. E da sempre le risposte dello Stato sono state episodiche quasi che si consideri quel territorio perso per sempre.

Manuela V., Milano

CHE CI SIA IN CORSO a Napoli una guerra è un dato di fatto. I morti in pieno giorno, gli agguati ed il sangue raggrumato sull’asfalto fanno di nuovo pericolosamente parte della quotidianità di molti napoletani. È così da mesi: i baby boss hanno fatto il salto, ma i vecchi clan hanno deciso di passare all’attacco. Un far west in piena regola, dove non è più possibile cogliere le differenze tra omertà e rassegnazione, paura e connivenza. È guerra, ma non si è fatto ancora nulla e soprattutto non c’è stata l’opera di prevenzione attesa. Ci si affanna a rincorrere, senza mezzi, senza soldi: la fine della mattanza non è priorità di Stato, è piuttosto “atto di fede”, affidato alla buona volontà. Arriveranno, pare, mille soldati e rinforzi vari degli organici, ma la asimmetria di risorse tra guardie e ladri è giunta ad un punto di non ritorno. E il silenzio della politica, sia locale che nazionale, è sempre più imbarazzante ed inconcludente.

[email protected]