DA IERI fino a martedì prossimo, giorno che segue lo scrutinio elettorale, migliaia di scuole saranno chiuse nelle 1.351 città dove si celebrano le elezioni amministrative. Presidi e genitori (da punti di vista differenti) sono sul piede di guerra, parlano di disastro e addirittura di «un esercizio di democrazia si è trasformato in una scusa puntuale per non fare lezione». Ma non si potrebbero trovare soluzioni differenti per non complicare la vita a tanti?

Lettera firmata, Milano

AD ALZARE la voce e ad aggiungersi ai genitori stavolta sono stati soprattutto i capi d’istituto preoccupati per la perdita di giorni di lezione e per il sovrapporsi di importanti appuntamenti di fine anno. Per risolvere il problema ci sarebbero evidentemente altri uffici pubblici che potrebbero essere presi in considerazione per le tornate elettorali, anche se le scuole sono il patrimonio edilizio più comodo e diffuso. Andrebbe però fatta un’anagrafe degli edifici pubblici attraverso un concerto fra i differenti ministeri. In realtà, tutte le volte che si è posto questo problema si è avuta la sensazione che la politica tenda a dare maggiore importanza al voto piuttosto che al diritto all’istruzione. C’è chi infatti dietro queste decisioni vede una particolare disattenzione nei confronti del diritto allo studio, sacrificato nella caccia al voto. Ma tant’è, nell’immaginario degli studenti le elezioni corrispondono ad una vacanza inaspettata. Come dire: gli altri votano noi andiamo al mare. Anche se questo non è poi tanto educativo.

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