Sul Qn (il Resto del Carlino, la Nazione, il Giorno) di oggi, c’è una mia intervista a Giorgio Israel, professore di Matematiche complementari all’università La Sapienza di Roma, autore del volume “Pensare in matematica’’ (ed. Zanichelli, pag. 544, euro 46): un crocevia tra saggio filosofico, storia della matematica e manuale didattico per chi poi dovrà insegnare questa materia che di solito risulta così poco simpatica.

Riporto qui la parte in cui abbiamo parlato di tecnologia:

Oggi i bambini usano computer e tablet prima di imparare a contare. E quando arrivano ai numeri ‘sfogliano’ i libri come se le pagine fossero uno schermo.

“Su questo serve una riflessione profonda: la tecnologia è uno strumento prezioso di cui però non bisogna abusare, soprattutto coi bambini. Non si risolvono i problemi, non solo quelli matematici, pasticciando con gli schermi. I concetti vanno elaborati, non si tirano fuori con un clic. E questo va insegnato sopratutto ai bambini e ai ragazzi: elaborare ragionamenti in modo autonomo, riflettendo con la propria testa e non cercare ogni soluzione sul computer”.

E’ una affermazione in controtendenza rispetto a chi invoca una maggiore informatizzazione della nostra scuola.

“Non sono solo: qualche tempo fa il New York Times ha raccontato che i manager della Silicon Valley scelgono per i loro figli scuole con lavagne e gessetti, carta e pennarelli, per dare ai bambini la possibilità di imparare a pensare, a elaborare idee e ragionamenti”.

Qual è la misura giusta nell’utilizzo della tecnologia, nella didattica e non solo?

“Mi permetta di citare Einstein: ‘Temo il giorno in cui la tecnologia andrà oltre la nostra umanità: il mondo sarà popolato allora da una generazione di idioti’ “.

 

Confesso, non conoscevo quella frase di Eistein, ma credo che d’ora in poi la userò spesso.

 

Twitter @FrancaFerriRdC