Affari di famiglia

“Palasport, che c’entra Mandela con Firenze?” C’entra eccome…

In occasione della questione sollevata in questi giorni a Firenze circa il nome da dare alle vie cittadine e all'opportunità o meno di favorire i personaggi di Firenze, esterno la mia perplessità sul nome che è stato dato al nostro "Palazzo dello Sport". Fermo restando che "Palazzo dello Sport" mi sembrava più che simpatico, perchè intitolarlo a una persona (Nelson Mandela) che con Firenze ha poco a che fare e per di più è ancora viva? Chi è lo sponsor in questo caso? E non venitemi a dire che rappresenta la Pace, la Solidarietà ecc. ecc..  Mandela non mi risulta essere quel gran santo e ricordo ai più la sua amicizia con Gheddaffi. Allora si poteva intitolare a Madre Teresa di Calcutta, a Giorgio La Pira e perchè no a Gino Bartali (si è prodigato per aiutare tante persone nella seconda guerra). Mi piacerebbe proprio sapere chi ha imposto questo nome.

Roberta Covarelli, Firenze

Cara lettrice, lei non è la prima e non sarà l’ultima a fare questa domanda. Tanto è vero che rispondo con un certo automatismo: ho già approfondito il tema nel passato. La decisione, intanto, spetta all’associazione che gestisce il Palazzo dello sport (di cui fanno parte il Comune, la Provincia e tre soci privati da tempo attivi nell’organizzazione di spettacoli), che lo ha in cura da quando, anni fa, glielo affidò il consiglio comunale. La ragione? Il Comune non ce l’avrebbe fatta a tenerlo in piedi e dunque decise di farlo fare a un’associazione appositamente formata. I gestori hanno l’onere di farlo funzionare come fosse una buona impresa (si tratta di 4 ettari e mezzo di struttura) ma senza trarre profitto, andando semplicemente in pari. Quindi la domanda va girata a loro: perché chiamarlo Mandela? E perché non avete scelto un nome commerciale, che avrebbe fruttato denari? La loro risposta è sempre stata questa: “Perché Nelson Mandela è uno dei più grandi personaggi della storia e perché ci lascerà un patrimonio di valori fondamentali per tutti noi: che il colore della pelle non può dividere un uomo da un altro e che nessun essere mano può essere schiavo di un altro essere umano”. Potevano scegliere Maria Teresa di Calcutta, come dice lei, o qualcuno legato a Firenze come La Pira. Ma loro, nel pieno dei loro poteri, hanno scelto lui. Va detto che fu proprio Firenze a dare la cittadinanza onoraria a Mandela, nel 1985, quando era ancora in quel carcere sudafricano in cui il letto era più corto di lui e in cui ha passato oltre la metà dei trent’anni  vissuti in  prigione. Ed è anche sperando che le persone facciano le domande come le sue, cara lettrice, che i gestori del palasport hanno deciso di intitolarlo a lui. “Questo ci dà modo di spiegarlo – fanno sapere – e di far circolare valori che non devono mai smettere di circolare”. Va detto, per onor di cronaca, che non sono pochi  i fiorentini che invece si complimentano preferendo l’evocativo nome di Mandela alll’ennesimo palazzo delle patatine cric e croc.

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