Affari di famiglia

Troppo cibo sprecato: dove finiscono gli scarti dei supermercati?

HO SENTITO alla radio la testimonianza di un cittadino che ha raccontato di avere assistito ad una scena molto triste: fuori da un supermercato vicino a casa sua c’era una ragazza, che lui sa essere in grosse difficoltà senza lavoro con due bambini, che chiedeva alle persone che andavano a fare la spesa di comprarle qualcosa da mangiare da portare a casa ai bambini. E’ uscito il direttore del supermercato e l’ha invitata ad allontanarsi perchè, secondo lui, la sua presenza risultava disdicevole. Non commento il fatto. Ma subito dopo sono andata alla Coop vicino a casa mia per comprare della pizza per mio nipote, e alla mia domanda se quella pizza non fosse della sera prima, la signorina mi risponde : “No signora, noi buttiamo via tutto ciò che rimane ogni sera.” Le ho chiesto se non potevano dare il cibo alle persone bisognose, mi ha risposto che il regolamento vuole questo. Sono tornata a casa molto amareggiata, ho pensato che se avessi due bambini affamati forse andrei a rubare in un supermercato e non mi sentirei neanche una ladra! Ma è mai possibile che in una crisi come quella che stiamo vivendo non ci sia la possibilità di utilizzare ciò che viene eliminato per le persone che ne hanno bisogno?
Gabriella A.
GRAZIE GABRIELLA, lei tocca un argomento centrale in questi tempi di crisi e di trasformazione. Penso che il concetto di carità, infatti, debba essere aggiornato. Che debba essere meno legato al buon cuore delle persone o al volontariato casuale e che debba invece dare corpo a imprese organizzate, funzionanti, in grado perfino di creare lavoro, oltre che solidarietà. Mi sono informata, intanto, e posso dirle che la Coop ha una convenzione con una Onlus (di cui fanno parte tutte le principali associazioni umanitarie) per destinare a chi ha bisogno i prodotti che rimangono invenduti o prossimi alla scadenza. In Toscana sono circa 9500 le famiglie assistite grazie a questa convenzione e 800 mila i pasti preparati con questi prodotti. Resta fuori il cibo cotto o fresco come il pane e i dolci, è vero, per un problema di sicurezza alimentare che a mio parere dovrebbe essere superato. Pensi, ogni cittadino toscano butta via in un anno 90 chili di cibo (la media nazionale è più alta ancora, 94 chili). Le sembra accettabile? Possibile che non si riesca a organizzare meglio la catena alimentare in modo che i pasti finiscano nelle pance di chi ha fame anzichè nella nettezza? E che non succedano - soprattutto - cose ignobili come quella che racconta nella sua lettera?

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