Affari di famiglia

Se la Soprintendenza mette bocca anche sul “bike sharing”

Cara signora, sono fra coloro che da tanto tempo usano la bicicletta per andare a lavorare e tornare, dunque faccio venti chilometri al giorno. Ammetto che ho pena per chi si ostina a usare l’auto anche per andare a fare la spesa vicino a casa o per accompagnare i figli a scuola, non sanno quanta salute guadagnerebbero (e risparmierebbero agli altri) se andassero di più a piedi o in  bici. Fra l’altro è una città cosi piccola, la nostra! Ma il motivo per cui le scrivo è per avere notizie su un servizio che il Comune aveva annunciato tanto tempo fa giurando che sarebbe stato pronto per i mondiali di ciclismo: il bike sharing. Come lei saprà in tante città del mondo ormai è attivo questo servizio che consente di prendere e lasciare una bici in una delle tante postazioni adibite pagando pochi centesimi e utilizzando solo una tessera. Sarebbe così bello averlo anche qui! Ma che fine ha fatto?

Giorgio

Ha ragione, era stato annunciato molto tempo fa. E doveva essere già attivo. Bello, bellissimo: tante rastrelliere da cui staccare una bici sempre in ordine e colorata per andare dove serve. Poi un altro clic, un’altra strisciata di tessera, e il gioco finisce qui. Solo a parlarne si allargano i polmoni. Sa cos’è successo? Che il progetto è partito, il consigliere comunale Gallo ci ha messo anima e cuore, i dirigenti comunali hanno preparato il bando, e poi ecco che il sogno è tornato alla realtà (italiana): il vicesindaco che se ne stava occupando, prima di tutto, è andato in Parlamento. E prima che l’amministrazione si sia ripresa da una delle più invadenti campagne elettorali e abbia deciso a chi riaffidare il fascicolo, sono passati mesi. Poi ci si è messa la soprintendenza. Con la quale è partito un fitto carteggio per decidere di quanti centimetri e a quali condizioni possono essere installati sulle rastrelliere o sulle bici i mini spazi pubblicitari che devono finanziare il servizio. Il risultato? Siamo fermi, pare che si discuta di millimetri. Tutto qui. Perché non è tanto o solo la burocrazia a frenarci, fra l’altro in un momento in cui bisognerebbe accelerare (e in cui anche il concetto di bellezza o di decoro andrebbe forse riaggiornato). Ma sono i rapporti fra gli uffici, fra i vari livelli decisionali, a rendere tutto deprimente. Fate un dono alla città e ai miliardi di visitatori di passaggio: regalate due centimetri di spazio pubblicitario e chiudetela qua. Grazie

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