Quando fare un figlio diventa una colpa: cresce il ‘mobbing da maternità’
Lavoro in un ufficio professionale e, quando sono rientrata dalla maternità, ho scoperto che molte delle mie mansioni erano state affidate a una stagista nuova. Devo subire in silenzio?
Una neo mamma
Ci sono fior di avvocati che le direbbero no, non deve subire in silenzio, faccia causa e vedrà che la legge è dalla sua parte. Come nel caso raccontato nelle cronache di luglio, quando un pretore ha condannato la titolare di un negozio fiorentino per “mobbing da maternità”: non digeriva i permessi e poi il part-time chiesti dalla dipendente per seguire il suo neonato, e cercava di farla dimettere. Ma al di là del caso specifico e delle sfibranti guerre legali o sindacali che il singolo può decidere di fare, c'è un problema generale di cui tutti dovremmo occuparci: ma i bambini, qui da noi, li vogliamo o no? Vogliamo crescere e sopravvivere, come comunità, o andiamo allegramente verso l'estinzione? Negli ultimi cinque anni, secondo i dati nazionali, i casi di mobbing da maternità sono aumentati del 30 per cento. Le donne che abbandonano il lavoro nel primo anno di età del bambino sono in crescita. Sono soprattutto quelle che lavorano nelle realtà piccole, meno protette, donne magari specializzate, bravissime, ma che vengono emarginate dopo la maternità anche solo per aver chiesto permessi per l'allattamento o orari più elastici. E non passa settimana, in questa rubrica, senza la lettera-denuncia di una donna incinta o neo-mamma che si è sentita non rispettata, offesa, non accolta, non aiutata, spesso disperata per le difficoltà che vive ogni giorno dovendo conciliare lavoro e famiglia. Mesi fa il ministro della salute ha annunciato che avrebbe aperto un'indagine, sull'argomento. Poi il silenzio. Non dico di raggiungere i livelli della Svezia, dove se rimani incinta ti ringraziano con tanto di assegno mensile, aiuti e servizi di ogni tipo, ma almeno difendere le donne che nonostante tutto decidono di mettere al mondo un figlio, questo sì, lo pretendiamo. Per il futuro di tutti.