Affari di famiglia

“Ho perso mio marito sulla strada: ma la giustizia dov’è?”

Quella sera, l’ultima sera della mia vita che potevo pensare ancora insieme a te, non ti aspettavo per cena perché ti sapevo fuori con degli amici. Ci eravamo parlati verso le 17.30 e raccontati cose successe nella giornata e cosa avremmo fatto nelle ore a venire. Erano circa le 21.30 quando la normalità è stata interrotta da violenti suoni al citofono. Insistenti. Erano i vigili. Mi hanno detto che avevi avuto un incidente e non ho chiesto se eri grave, dentro di me lo sapevo già che non avrei mai più rivisto il tuo sorriso. Il 15 dicembre del 2010 alle ore 18.15 Jacopo, mio marito, mentre percorreva l’attraversamento semaforico a Porta a Prato è stato investito da uno scooter. In seguito al violentissimo scontro il guidatore dello scooter ha riportato la rottura di un braccio. Jacopo ha perso la vita. Nel processo lungo e travagliato che è seguito a carico dello scooterista è emerso che Jacopo è passato con il rosso e che lo scooter che lo ha investito, oltre a non aver tentato nessuna manovra di rallentamento in vista delle strisce pedonali, al momento dell’impatto andava ad una velocità superiore a quella consentita: per i periti di parte tra 55 e 60 km orari, per il mio perito tra 68 e 70, per il perito super partes nominato dal giudice 68 km. Il limite di velocità, lo ricordo, è 50 km orari. Mi aspettavo un concorso di colpa. Ma grazie alla sentenza del gidice, posso dirvi che il codice della strada e i limiti di velocità sono opinabili, dato che l’investitore di Jacopo è stato assolto. E' un'esperienza molto difficile da comunicare e da condividere, in tutti i sensi. I tempi di attesa in tribunale sono pazzeschi. Aspetti una giornata intera con dentro un dolore e un'ansia terribile e ti spostano l'udienza a 10 mesi dopo. E non so quante volte è successo...una cosa che ti ammazza e che ti imprigiona in una sofferenza quasi incomprensibile per chi non c'è passato. E ti chiedi, ma come fa un giudice a ricostruire una "realtà" se sente un pezzettino di quel che è accaduto, poi fa passare un anno e ascolta un altro pezzetto e avanti cosi, come fa? In mezzo altri tremila processi, tremila pezzettini di storie. E che senso ha sentire dei testimoni quattro anni dopo l’incidente? Cosa ricordano? Confesso che pensavo con la morte di Jacopo di avere raggiunto il massimo del dolore.Mi sbagliavo. Questo "trattamento" che ho dovuto subire per aver cercato di capire, mi ha distrutto...e la sentenza è solo la goccia finale. Ma a dire queste cose passi per squilibrata. Perché solo chi sa, capisce. 

Flavia Buzzonetti

 

Grazie, cara signora, per averci portato dove non potevamo (o non volevamo) capire.

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