Quanto è difficile fare l’inquilino in una città come Firenze
Vorrei sottoporle un problema che riguarda mia madre e che forse interessa altri lettori. Lei ha abitato tanti anni in una casa in affitto, nella zona del Comunale, e il canone è sempre stato equo (fu fissato nell’epoca dell’equo canone). Mio padre è morto anni fa e lei è rimasta sola. Ora la casa è stata venduta e i nuovi acquirenti le hanno proposto due possibilità: o lascia la casa oppure paga trecento euro in più al mese per raggiungere quello che secondo loro è l’affitto giusto per quella zona. Mia madre questa cifra non può permettersela, e ad oggi l’unica possibilità che stiamo valutando è che lei venga a stare con me e la mia famiglia. Ma è giusto secondo lei che un anziano venga trattato così? E’ giusto che noi ci si debba stringere, sacrificando magari una cameretta di un figliolo, solo perché in questa città tutti vogliono guadagnare il più possibile dalla rendita? Chi ha una casa di proprietà sta tranquillo, ma gli altri come fanno a pagare minimo ottocento euro al mese per un alloggio dignitoso?
Sara C.
Il problema degli affitti è serio, soprattutto in una città come Firenze – dove la domanda è più alta, dunque anche i prezzi lo sono – e in generale in Italia, dove otto su dieci hanno una casa di proprietà e dove molti ma molti dei risparmi sono stati investiti nelle seconde, terze, quarte case. Si tratta di beni e capitali letteralmente immobili che, anziché creare ricchezza, anziché essere investiti in imprese e lavoro, stanno lì o vuoti (per chi se lo può permettere) o a creare reddito con gli affitti. Anche la tassazione, pensandoci bene, rincorre questa filosofia tutta italiana: chi rischia i propri capitali con un’impresa ha molte più imposte di chi possiede immobili, che rischia ben poco. Ciò premesso, siccome la crisi è anche un'occasione per aggiornare le abitudini, proviamo a ragionare sul nostro approccio al pianeta casa, sul desiderio di accumulare patrimoni (che poi gli eredi spesso si litigano), sulla tendenza a nascere e morire sotto lo stesso cielo e possibilmente sotto lo stesso tetto. L’uomo si evolve, se Dio vuole, e forse oggi abbiamo bisogno di imparare a essere più mobili, più aperti al nuovo e al cambiamento, più in cammino. In tutti i sensi. Colgo l’occasione della sua lettera per dire a lei e a tutte le persone che si trovano sole, magari in case grandi, che l’Auser (Associazione nata per occuparsi della terza età) ha da tempo lanciato un progetto che si chiama “Abitare solidale” . Lo scopo è di mettere insieme persone ed esigenze diverse con benefici per entrambi. Esempi: una vedova che accoglie uno studente in cambio di servizi, o una famiglia che ospita una donna sola in cambio di aiuto per la casa o per i figli. Ne sono nate storie belle, a volte grandi amicizie, e chi volesse saperne di più può chiamare allo 055-440190 (oppure 340 6337150, Gabriele Danesi, coordinatore progetto).