Un canadese a Londra, per vigilare sulle sorti della City e accompagnare la ripresa economica del Regno Unito. Né falco, né colomba. Mark Carney, 48 anni, fino a pochi giorni a governatore della Banca centrale di Ottawa, è il primo non britannico a guidare la Bank of England nei suoi 319 anni di storia: la tradizione cede il passo alla globalizzazione. Per lui un paio di giorni di ambientamento e poi la prima riunione del Monetary policy committee che decide sui tassi di interesse, con gli analisti pronti a scommettere sull’intonazione che il successore di sir Mervyn King vorrà dare alla sua politica economica.

Figlio di insegnanti, laurea ad Oxford, 800 mila sterline il compenso annuo stimato per sorvegliare il Miglio quadrato della finanza da oggi al 2020 (ma lui dice che si dimetterà tra cinque anni),  Carney è un altro uomo d’oro proveniente dalla banca regina di Wall Street, Goldman Sachs, come il suo collega presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, l’ex premier Mario Monti o gli ex segretari al Tesoro Usa Henry Paulson e Robert Rubin.

Alla sua sapienza viene accreditata la capacità del Canada di resistere agli scossoni della crisi finanziaria mondiale innescata alle porte di casa dagli Stati Uniti.  Alle sue intuizioni e alla sua conoscenza dei meccanismi più complessi (guida il Financial Stability  Board di Basilea) viene affidato l’equilibrio di un Regno Unito che rimane il quinto paese al mondo come grandi patrimoni e tra i primi dieci come reddito pro capite, che vede affacciarsi la ripresa dell’attività manifatturiera ma che ha un debito privato sommerso al 450% della ricchezza del paese, roba da turbare i sonni anche al banchiere centrale più esperto.

Il dilemma per lui sarà lo stesso che affligge tutti i suoi celebri colleghi, tranne i sacerdoti nordeuropei del rigore: politica monetaria accomodante per incentivare la crescita o progressivo restringimento della liquidità sui mercati? Valutazione difficile tra gli orientamenti opposti del presidente della Federal Reserve Ben Bernanke che prepara il tapering, cioè la diminuzione negli acquisti mensili di bond,  e l’iperattivismo del giapponese Haruhiko Kuroda.

Serve una decisione in fretta, non c’è spazio per l’incertezza” confida lui alla vigilia del suo primo appuntamento ufficiale,  alle prese con il debito che deve tornare sostenibile, la fame di credito delle imprese e delle famiglie, le pressioni di una City che è il più grande mercato valutario del mondo, dà lavoro a 300 mila persone, rappresenta il 10% della ricchezza del Regno Unito. E mal sopporterebbe il rigore alla tedesca.