L’esultanza con la quale è stato accolto l’accordo sulla flessibilità tra Expo e sindacati è anche il sintomo di quanti e quali steccati normalmente si frappongano tra il dire e il fare del Belpaese. Cosa può esserci di più naturale, in una nazione moderna, di un accordo tra la società pubblica che ha del tutto bisogno di manodopera per gestire il più importante avvenimento ospitato dall’Italia negli ultimi anni e il sindacato che rappresenta la forza lavoro in apnea, con più di tre milioni di disoccupati e una drammatica inoccupazione giovanile. Una occasione storica.
L’intesa interessa ottocento contratti per i sei mesi dell’esposizione, una goccia nel mare, ma offre comunque una scappatoia alle rigide regole della riforma Fornero del lavoro come ammette lo stesso amministratore delegato Giuseppe Sala: un insieme di buone idee elaborate dal laboratorio Expo, per scriverla con l’enfasi del governo, che potrà essere utilizzato anche in futuro e potrebbe diventare (è la speranza) un volano per l’economia.
 L’accordo prevede dunque maggiore flessibilità nelle regole dell’apprendistato, degli stage formativi, dei contratti a tempo determinato: un esempio che potrà fare da battistrada sul tavolo del ministro Giovannini nel confronto più complessivo tra le parti sociali che si vorrebbe chiudere entro settembre. Tra i mal di pancia dei partiti, Pd in testa con i consueti timori di una deregolamentazione del mercato del lavoro e, dall’altra parte, con il Pdl tutto proteso alla ricerca della massima flessibilità per l’impresa.
Proprio i paletti dei partiti, e l’aggravarsi della recessione italiana, hanno malridotto una riforma, quella dell’ex ministro Fornero, nata con le buone intenzioni di contenere il precariato e trasformare i posti di lavoro dal tempo determinato a quello indeterminato. La mancata crescita, il flagello della crisi sulle imprese, il pasticcio dei partiti e i bizantinismi sul testo finale della legge hanno innescato un meccanismo perverso: le aziende che non avevano più la possibilità di reiterare i contratti a tempo determinato alla fine non solo non hanno assunto, ma hanno pure lasciato a casa i precari che avevano da svariati anni. Spesso non potevano far altro e i risultati, per l’azienda Italia, sono sotto gli occhi di tutti. Il contratto Expo ha riportato un barlume di lucidità.